Elsa Fornero a CombinAzioni Festival: “Basta con le politiche di breve termine, nel populismo non c’è cura della persona”

Grande presenza di pubblico all’incontro di CombinAzioni Festival con la professoressa Elsa Fornero andato in scena ieri a “Le Case Rosse” in via Sansovino a Montebelluna.

Fornero, professoressa onoraria di Economia all’Università di Torino, è stata Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, con delega alle Pari opportunità, nel governo Monti (2011-2013).

Ha legato il suo nome alla riforma del sistema pensionistico e a quella del lavoro varate durante quella legislatura.

Negli ultimi anni si è occupata di educazione economico-finanziaria e il tema del suo intervento a Montebelluna è stato: “Il welfare. Dall’assicurazione sociale alla cura delle persone”.

“La denatalità, l’invecchiamento della popolazione e la difficoltà a trovare lavoratori – ha detto la professoressa Fornero – sono situazioni indicative di problemi strutturali. Quello che occorre non è trovare un toccasana, perché tanto non esiste, ma dare la credibile impressione e sensazione a tutti che si stia cambiando strada e che si scelgano strategie di supporto alla famiglia”.

“Non bonus – continua – che servono un anno e che l’anno successivo dovranno essere rifinanziati. Non politiche di breve termine che possono ridurre l’età di pensionamento per un anno, ma non risolvono i problemi demografici che sono alla base della crisi del nostro sistema previdenziale”.

“Non dare un’occasione di lavoro – prosegue -, ma possibilmente un lavoro più stabile. Quello che credo sia necessario recuperare è una visione di medio termine e misure che consentano alle persone di credere che abbiamo imboccato una strada diversa, anziché la politica miope dell’oggi e dei piccoli interventi che servono solo a tamponare ma non a ricostruire, ciò di cui invece abbiamo bisogno”.

“Io credo che la scuola sia la parte più importante sulla quale noi dobbiamo investire – aggiunge -. La scuola che prepara persone forti, resilienti, preparate, che sanno vivere nella società e contribuire al benessere sociale. Tutto questo non può che venire dalla scuola e dalla famiglia insieme. Ci vuole effettivamente un ripensamento della scuola che renda la scuola stessa del merito sì, ma anche delle opportunità che devono esserci per tutti”.

Nel suo intervento la professoressa Fornero si è concentrata principalmente sulla situazione dei giovani italiani.

“Quanti ragazzi – ha sottolineato – non aiutiamo a scegliere le cose giuste? La scuola deve cercare di orientarli e l’orientamento è una forma di cura. Il lavoro è la fonte dell’indipendenza e della libertà di una persona. L’istruzione non deve essere solo finalizzata alla carriera e deve sicuramente essere piacevole. Dal punto di vista economico, il lavoro è la fonte dell’indipendenza economica che è fondamentale per l’esercizio della libertà. Pensiamo al lavoro femminile. Non siamo ancora ad un livello accettabile per l’esercizio delle libertà se pensiamo alle donne”.

“Ci sono circa 2 milioni e mezzo di persone fino a 34 anni che sono in una condizione di limbo – aggiunge -. I ‘Neet‘ (Not in Education, Employment or Training) non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione. La realtà dei loro rapporti con il mondo è falsata dai social e da internet. Per questi giovani emerge la solidarietà familiare che è una cura male-intesa. Parliamo di un welfare familiare che non è giusto per chi si trova in queste condizioni”.

La cura vuol dire svegliarli – continua -, scrollarli e dire quanto è rischiosa questa loro condizione. Chi è fuori dal mondo del lavoro da tanto tempo è molto meno appetibile per il mercato del lavoro. In Veneto gli imprenditori fanno fatica a trovare occupati. C’è un dialogo e una cura che non hanno funzionato. Non possiamo avere ragazzi e ragazze che si isolano dal mondo. Questi giovani saranno esposti al rischio povertà, non solo economica, per tutta la vita. Il vuoto è drammatico per il singolo e per la società”.

“Formarsi una famiglia in Italia è difficile – prosegue -. I salari sono bassi perché abbiamo investito poco come Paese. Noi siamo un Paese con un basso numero di laureati rispetto alla media europea. Sono favorevole all’istruzione tecnica e professionale come raccordo tra il mondo delle imprese e del lavoro. Dobbiamo investire nel capitale umano: istruzione, innovazione e ricerca. Noi spendiamo poco nella ricerca, un altro modo per non curare il futuro nostro e dei nostri figli”.

“Siamo immersi nella rivoluzione tecnologica – continua -, la nostra vita cambierà e tutti ci auguriamo che ci sia un progresso. Stiamo cercando di regolare l’uso dell’intelligenza artificiale. Dobbiamo curare l’innovazione e prepararci. L’economia della conoscenza avrà bisogno di intelligenza e bisognerà vedere il peso dell’intelligenza naturale rispetto a quella artificiale che, nei prossimi anni, dilagherà. Dobbiamo curare le persone che saranno investite da questa rivoluzione”.

“L’ultima grande scelta del ciclo di vita – evidenzia – è la scelta di come provvedere alla sicurezza economica dell’età anziana. Abbiamo interpretato il welfare mandando in pensione le donne da giovani (baby pensioni) e abbiamo pensato che il welfare si gestisse all’interno della famiglia. Ora la popolazione anziana è aumentata e i giovani sono diminuiti: la piramide democratica si è rovesciata. E chi sostiene gli anziani se non il lavoro di chi lavora? Quando prometti, non devi coltivare illusioni altrimenti non stai curando ma stai illudendo”.

“Nel populismo – conclude – non c’è cura della persona, della famiglia e della vita democratica. Quando parlo di cura mi riferisco ad un’idea della società nella quale le persone sono libere ma consapevoli che le scelte sono un po’ più lungimiranti e non che ti soddisfano solo per l’oggi. Per me la cura è essenzialmente educazione all’uso della libertà nelle scelte che abbiamo. In questo credo che l’economia sia importante e l’educazione finanziaria di base è essenziale”.

(Autore: Andrea Berton)
(Foto e video: Andrea Berton)
(Articolo, foto e video di proprietà di Dplay Srl)
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