È un addio definitivo. Dopo 90 anni, entro il prossimo mese, i padri canossiani lasceranno la sede di via Palazzo Neville.
Per tutti è conosciuta come “la dimora”. Dal 1934, dopo il lascito della splendida struttura da parte delle suore canossiane ai religiosi, ha sempre ospitato i padri diventati fin da subito un importante punto di riferimento per tutta la comunità.
Stop, dunque, alle attività in collaborazione con gli Alpini e i giovani del paese, e alla loro costante presenza che ha supportato e dato sollievo alle 400 anime che vivono lì da sempre. “Un fulmine a ciel sereno – ammette il sindaco Luciano Ferrari -. Nessuno mi ha avvisato e solo in via informale alcuni cittadini mi hanno riferito questa notizia davvero sconcertante per tutti, perché ora non avremo più un parroco in località Castelli”
“Dalla diocesi parlano di ridimensionamento – dice padre Giacomo Giacomin – per noi, invece, è una profonda ferita”.
La notizia è stata comunicata dal religioso domenica scorsa alla fine della messa. Per i fedeli è stata una doccia gelata. “Dovevo avvisarli – spiega il 77enne – non è facile per nessuno ma noi abbiamo fatto voto di obbedienza. Dove andremo? Ancora non lo sappiamo”.
In ballo, ancora, la storia del calo della vocazione. E il malumore in paese è palpabile. Senza i canossiani la comunità non ha più un parroco e le difficoltà, soprattutto per i più anziani, sono comprensibili. Da settembre si fermano le funzioni religiose di qualsiasi tipo.
“La parrocchia di Castelli è sguarnita – sottolinea il sindaco -. Non nego una certa preoccupazione sia per l’assenza, ora, di un parroco e sia per il destino della dimora. Spero, davvero, che resti funzionale. Non so se la parrocchia venga affidata al parroco di Monfumo, che già si divide con Castelcucco”.
Tante le attività: d’estate con il Grest animato dai ragazzi del paese. Ogni anno accoglie una sessantina tra adolescenti e bambini. D’inverno con gli Alpini durante il periodo natalizio con i canti, i cori e la cioccolata calda. E poi ancora convegni e ritiri spirituali. Meta di turisti e fedeli, dove, immersi tra le colline, si respira pace e si trova conforto. “Non pensavamo che toccasse a noi stavolta – riferisce il capogruppo degli Alpini Savino Pandolfo -. Di sicuro verrà a mancare un importante punto di riferimento“.
Il canossiano non nasconde la sua emozione. Il profondo legame e l’affetto con la sua comunità si percepisce: “Tutto questo ha contribuito a tenere vivo il paese – continua padre Giacomo -, ho trovato una comunità attiva, presente e accogliente e ringrazio tutti per l’affetto e la costante presenza. Siamo davvero dispiaciuti”.
Infine cita Omero con la sua Odissea: “Nulla è tanto dolce quanto la propria patria e famiglia, per quanto uno abbia in terre strane e lontane la magione più opulenta” chiude il religioso.
Strappati via da quel luogo e da tutte le persone che li hanno accolti a braccia aperte, adesso, come viandanti senza sosta e con una meta, al momento, ancora sconosciuta. I padri canossiani vanno via così, nel loro religioso silenzio, senza fare obiezione ma portandosi dentro una profonda stilettata al cuore.
(Autore: Vera Manolli)
(Foto: Qdpnews.it)
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