Quelle appena trascorse sono state nottate difficili per le coltivazioni ai piedi delle colline di Maser e dell’Asolano, come in molti altri territori dell’Alta Marca: le gelate hanno rischiato di compromettere le piante più deboli in periodo delicato come quello della germogliazione e, per evitarlo, i contadini più esperti hanno messo in pratica una modalità di conservazione dal risultato piuttosto spettacolare quanto faticosa, prendendo spunto dall’esempio di alcune colture del Trentino Alto Adige dove, specialmente per le mele, questa lotta con il gelo primaverile è un’abitudine.
Anche se alcuni del settore la conoscono, il risultato finale lascia sempre un po’ di stupore a chi, magari andando a correre al mattino, lo incontra.
A Maser, e più precisamente a Madonna della Salute, la piantagione di melograno di cui si era parlato qualche mese fa (qui l’articolo) ha cominciato a mostrare le prime “orecchiette di topo”, ovvero le prime piccole foglioline di un paio di millimetri, nei giorni scorsi, prima che a minacciarla arrivasse appunto il gelo: per proteggerle, il proprietario ha attivato l’impianto di irrigazione nella notte, facendo scendere sulle piante una pioggia costante di acqua che, scendendo in modo piuttosto importante sulle colture, ghiaccia e le ha rivestite di una sorta di pellicola protettiva, un ghiacciolo.
Anche se la tecnica potrebbe apparire di primo avviso controproducente, il ghiaccio non scende mai sotto gli zero gradi e perciò evita scientificamente che le temperature scendano al punto da congelare anche le piante stesse.
Questa tecnica, sostituita in Trentino e nella Val di Non da nuove tecnologie più moderne, viene ancora utilizzata per le colture di kiwi, ma anche da alcuni vigneti.
Richiede un certo impegno da parte di chi la mette in pratica, in quanto richiede di essere attivata tra mezzanotte e l’una, quando le temperature precipitano, fino a mattina inoltrata: l’errore più comune è quello di smettere di erogare l’acqua all’alba, quando sorge il sole, pensando a un graduale riscaldamento.
Secondo alcuni contadini, le ore del primo mattino sarebbero invece le più letali per le piante e sarebbe opportuno aspettare fino a quando la temperatura sale a oltre i quattro o cinque gradi sopra lo zero.
“Il mio è un espediente vecchio – racconta Claudio Reginato – oggi nelle piantagioni di kiwi usano la vaporizzazione, che riduce il rischio di appesantire i ramoscelli della pianta e farli spezzare. Ma se l’impianto viene attivato prima che la temperatura cali e continua fino a quando ritorna a far caldo, questo sistema funziona”.
Il risultato al mattino è spettacolare: le piante sembrano “impanate” e brillano sotto la luce del primo sole, attirando l’attenzione di chi passando, si chiede come abbiano fatto a ghiacciare in quel modo in una sola notte.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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