Percorrendo in superficie l’altopiano del Cansiglio non si potrebbe immaginare quanto si trovi nelle viscere delle sue fondamenta: un intricato dedalo capace di prevenire il futuro e raccontare il passato, a patto che l’ospite entri ed esca in punta di piedi, consapevole di sfidare le regole di un luogo buio e umido, eppure spettacolare.
Se Qdpnews.it e i suoi lettori si sono stupiti di quante grotte e miniere punteggino il territorio della Marca Trevigiana, giusto a due passi dal mondo civile, scendere al Bus della Genziana si è rivelata un’esperienza esclusiva: oltre alla dimensione colossale della grotta, ciò che è singolare è la dedizione dei volontari e dei ricercatori che se ne prendono cura, facendo tra l’altro un grande servizio nel monitoraggio dei movimenti della crosta terrestre, maree e terremoti.
Accompagnati da Barbara Grillo, ricercatrice e speleologa, in prossimità della botola che porta, attraverso una serie di scale, all’atrio della grotta già si possono intuire le origini della scoperta: l’ingresso si trova proprio di fianco alla strada provinciale e venne alla luce durante gli scavi di allargamento che hanno interessato la strada negli anni ’70.
All’inizio i lavoratori hanno cercato di riempire il buco, inconsapevoli che il Bus della Genziana si protrae per circa 10 chilometri e 550 metri di profondità. È con la consulenza degli speleologi di Vittorio Veneto e con il ritrovamento di varie specie endemiche che questa “piovra sotterranea” è stata definita come prima riserva naturale ipogea d’Italia e data in gestione allo Stato.
Scendendo le prime lunghe scale di ferro si raggiunge una sorta di androne, da dove si aprono varie strade. Sulle pareti, formatesi con il fenomeno del carsismo, come ci spiega Barbara, vi sono le due tipologie di materiale che raccontano l’altopiano del Cansiglio: una prima parte di calcare calcificato, traccia di un mare tropicale di 80 milioni di anni fa, e una seconda parte di scaglia, priva di fossili.
Oltre alle indicazioni tecniche, nell’atrio vi è un cartello che scherzosamente indica la presenza prodotti tipici del Cansiglio verso il fondo del Bus della Genziana. “Umorismo da Grotta” commenta Barbara, aprendo la botola che porta alla stazione ipogea, utile per rilevare movimenti geofisici.
La stazione di ricerca, di proprietà del Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste, si trova a 25 metri di profondità e sfrutta le capacità dei pendoli geodetici, così come accade nella Grotta Gigante: questa tecnologia è composta da una campana in ghisa, dentro la quale è predisposto perpendicolarmente un cavo.
Nella torsione del filo, rilevato da un braccetto munito di perriti, le bobine si spostano a seconda dei movimenti della campana. Il segnale viene poi trasmesso in digitale e, collegandosi con un portatile tradotto in un grafico che indica le maree terrestri sull’asse nord-sud ed est-ovest.
Barbara Grillo monitora periodicamente i risultati, che si rivelano utili anche a prevenire terremoti: i costi di questo servizio, che necessiterebbe di finanziamenti, è per ora praticamente a carico degli stessi ricercatori, che sono costretti a pagare di tasca propria anche la manutenzione della stazione.
Il Bus della Genziana rappresenta un vero e proprio gioiello per gli esploratori della Marca: nei 10 chilometri di distensione vi sono alcune sezioni ancora inesplorate.
In alcuni pozzi è necessario calarsi con la corda per molti metri e per gli speleologi più esperti e determinati c’è anche la possibilità di fermarsi a dormire una notte per poi ricominciare il mattino seguente.
Per emergenze, un cavo telefonico percorre tutta la lunghezza della grotta fino in superficie, ma per raggiungere il fondo è comunque necessario avere delle conoscenze superiori e frequentare un corso di speleologia.
Insomma, per esplorarla tutta ci vogliono sangue freddo e determinazione ma sembra che le aspettative vengano ripagate a pieno: le “stanze” inferiori arrivano ad avere un’ampiezza notevole, tanto che alcune potrebbero ospitare una cattedrale.
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