Quando si andava “a ciapar la piova”: il racconto delle passate processioni da Refrontolo a Follina per vincere la siccità

L'Abbazia di Follina
L’Abbazia di Follina

Attualmente il tema della siccità è una delle questioni più dibattute dall’opinione pubblica: complice i cambiamenti climatici, gli studi riguardanti il possibile scenario futuro e le sempre meno frequenti precipitazioni, l’attenzione all’argomento non tende a calare.

Ma come ricordano i nostri nonni, in realtà il problema della siccità ha da sempre destato preoccupazione, specialmente nei territori come il nostro dove in particolare nei tempi passati, l’economia era prettamente agricola.

A Refrontolo, ad esempio, gli anziani ancora ricordano e narrano come fosse usanza andare “a ciapar la piova” a Follina: dal centro del paese, infatti, partiva una processione di persone che, a piedi, si dirigevano verso l’abbazia follinese, per invocare alla Madonna la pioggia, necessaria a dare un po’ di sollievo alla terra dei campi.

A comporre tale processione, che si raccoglieva in preghiera, erano soprattutto donne e bambini, secondo quanto ancora oggi ricordano i nostri nonni.

Il periodo in cui avveniva tale processione non era circoscritto: poteva svolgersi in estate oppure in primavera. In sostanza, si svolgeva quando c’era la necessità di invocare la pioggia.

I nostri anziani, inoltre, narrano quanto fosse un’abitudine recarsi alla processione portandosi dietro l’ombrello, perché si sapeva già che, dopo la preghiera e sul “viaggio” di ritorno, avrebbe iniziato a piovere. Era un fatto ormai assodato.

Un’usanza che, ancora oggi, rientra nel patrimonio socioculturale del territorio, essendo tra i ricordi di chi continua a conservarli. Un’abitudine che è stata richiamata la scorsa estate, quando proprio a Refrontolo si è svolta una processione guidata da monsignor Giuseppe Nadal, verso il Tempietto Spada (dove è collocata una statua della Madonna) per la preghiera, recitata per invocare l’arrivo di qualche perturbazione, che potesse ridare un po’ di ristoro alla terra.

Ma non si tratta di un’abitudine tipica solamente del nostro territorio: al contrario, sebbene secondo modalità diverse, è diffusa un po’ su tutto il Paese.

A Guardia Sanframondi, in provincia di Benevento, ad esempio, la prima domenica dopo Ferragosto una folla di flagellanti incappucciati invade le vie del paese. Tutto ciò avviene ogni sette anni, quando si svolge una processione: un rito per bloccare la siccità e invocare la pioggia.

Processioni e preghiere che si svolgono inoltre anche a Sinnai, nel Cagliaritano, per citare un altro esempio.

Alla luce di ciò, è possibile osservare quanto lo schema cambi mentre la sostanza no: si tratta sempre di un’invocazione per ottenere un cambiamento climatico e che dimostra quella che è un’abitudine collettiva.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Articoli correlati