Sofia da Camino e l’Abbazia: la storia locale contenuta nelle pergamene anteriori al Duecento

Studiare le antiche pergamene consente di aprire uno scrigno di storie, spesso non note, legate al nostro territorio.

Lo ha dimostrato Massimo Della Giustina, appassionato ricercatore che, grazie al suo lavoro di analisi certosina, ha ricostruito il legame tra le famiglie nobiliari e di potere con l’Abbazia di Follina, oltre a tutta la struttura sociale del nostro territorio.

Tutto il suo lavoro è confluito all’interno del volume “Pergamene dell’Abbazia di Follina anteriori al Duecento” (edito da Ateneo di Treviso), poi presentato alla biblioteca civica di Ceneda, dove è stato fatto un focus particolare sui documenti del periodo circoscritto tra il 1169 e il 1199.

Un’epoca, il Duecento, in cui l’Abbazia venne intesa dalle famiglie nobiliari come un punto di controllo del territorio, motivo per cui era necessario impedire ad altre forze di penetrare.

Uno studio, quello condotto da Della Giustina per otto anni, non semplice, considerando che queste pergamene in alcuni punti lasciano spazio a varie possibilità interpretative, ma aiutano a ricostruire anche lo scenario sociopolitico nazionale del tempo.

Come si legge all’interno del volume, “gli atti dell’Abbazia di Follina anteriori al Duecento sono tra i più antichi disponibili per l’area Cenedese”, un’area compresa tra Piave e Livenza al tempo strategica “per il controllo delle vie di comunicazione” e, di conseguenza, uno “scenario in cui si intrecciarono numerose forze signorili, sia ecclesiastiche sia laiche, in gran parte di origine extra locale”.

In questo contesto, a partire dall’11esimo e 12esimo secolo, iniziarono a emergere alcuni gruppi familiari “dal fitto sottobosco dell’aristocrazia locale”, concentrati nell’assumere una posizione di rilievo, tale da consentir loro di esercitare una certa “influenza anche a livello regionale ed extraregionale”.

Tra questi ci fu la famiglia dei da Camino (conti di Ceneda), “fondatrice e patrona dell’abbazia di Follina”, quindi protagonista di donazioni a enti monastici anche “per sottrarre all’infiltrazione di forze esterne ampie porzioni di territorio”.

In questo contesto, la contessa Sofia (moglie di Vecelo da Camino) indicativamente nel maggio 1170 donò all’abate di Follina diverse chiese (con le relative rendite), situate “per lo più nell’alto Cenedese e anche oltre la sponda occidentale della Piave”, comprendenti diversi luoghi di culto, alcune a Serravalle e nella Vallata.

Un’ipotesi è che “la donazione sia correlabile con l’avvenuta fondazione dell’Abbazia” e con un sostegno economico all’ente monastico destinato a quel luogo di culto.

Curioso poi come in quell’atto figuri il nome della contessa Sofia, ma non di quello del marito Vecelo da Camino, “neppure per tramite di un procuratore o altro rappresentante familiare”.

Una serie di documenti, quindi, che gettano luce su tutta una serie di vicende storiche locali e di “misteri” interpretativi.

(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto: Arianna Ceschin)
(Articolo e foto di proprietà di Dplay Srl)
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