Sempre più spesso si sente parlare della figura dell’amministratore di sostegno: ma chi è l’amministratore di sostegno? Qual è la sua funzione? E, soprattutto, quali sono i suoi compiti e doveri?
A rispondere a tali quesiti è stata l’avvocato Francesca Bernardi, professionista dello studio Andreola di Farra di Soligo.
Figura introdotta nel 2004 come misura di sostegno, questo ruolo è previsto nel momento in cui una persona, per effetto dell’infermità o menomazione fisica o psichica, abbia un’impossibilità, anche solo parziale o temporale, nel provvedere ai propri interessi.
Questa persona può essere lucida ma presentare delle patologie fisiche importanti o invalidanti ed essere priva di una rete familiare. Quindi è bisognosa di una forma di supporto.
“La categoria dei soggetti che può beneficiare di questa misura è grande – la premessa dell’avvocato Bernardi – Si tratta di anziani, affetti da demenza senile o Alzheimer, oppure persone lucide, ma con patologie fisiche invalidanti”.
“La misura può riguardare anche dei soggetti i quali, a prescindere dalla loro età, presentano delle fragilità psicologiche oppure delle disabilità (ad esempio, una persona che, a seguito di ictus, riesce a recuperare parzialmente le proprie capacità), persone che combattono contro delle dipendenze, e quindi sono incapaci di avere cura di sè, anche solo temporaneamente – ha proseguito il legale – Esistono però numerosissime altre possibilità per la richiesta di un amministratore di sostegno”.
Tale figura viene nominata dal giudice tutelare, del tribunale competente del luogo di residenza-domicilio del beneficiario, sulla base di un’istanza, che deve contenere alcune informazioni, tra cui le motivazioni per l’attivazione della procedura.
Una nomina che avviene a seguito di un colloquio con il beneficiario e, nel caso dovesse risultare necessario, di accertamente medici (come, ad esempio, una perizia), che portano verso la decisione di una nomina o di una non nomina.
“L’istanza può essere presentata dal beneficiario stesso, da un coniuge o un convivente stabile oppure da parenti fino al quarto grado e affini fino al secondo – ha spiegato Bernardi – L’incarico può essere assunto da queste persone vicine al beneficiario oppure da un soggetto terzo, come ad esempio un legale inserito all’interno di apposite liste”.
“Il beneficiario ha diritto di sapere quanto fa l’amministratore e di venire coinvolto, dove possibile, nelle decisioni, con la precisazione che, in caso di dissenso, dovrà essere informato il giudice, il quale adotterà i provvedimenti necessari. L’amministratore di sostegno deve tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario – ha proseguito – e deve rendicontare le proprie attività, con una periodicità indicata dal giudice tutelare. Rendiconto che va depositato, generalmente, con decorrenza annuale”.
L’amministratore di sostegno, per assumere il ruolo, deve sottoporsi a un giuramento di rito: “Deve adoperarsi come prescritto dal decreto di nomina e, per quanto attiene ai propri doveri, non può pretendere nulla dai famigliari“, ha aggiunto l’avvocato.
Alla luce di ciò, qual è il consiglio per questa tematica? “L’amministrazione di sostegno è una misura confezionata sulle esigenze specifiche del beneficiario, modificabile o revocabile in base ai bisogni (le esigenze possono aumentare o diminuire) – ha risposto l’avvocato Bernardi – Consiglio, a chi si accorge di averne la necessità, di non guardare con timore o diffidenza all’amministrazione di sostegno, che ha lo scopo di valorizzare le capacità residue di una persona e sostenerla, non di limitarla”.
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