Tornano a riaccendersi i riflettori sul fiume Piave e sui suoi potenziali pericoli per la popolazione rivierasca. Ai giorni scorsi risale la notizia che il Governo Meloni ha nominato Marina Colaizzi, segretaria generale dell’Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali, commissaria straordinaria per la difesa idraulica del fiume sacro alla Patria.
Un provvedimento che trova radici nel Dl Ambiente pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 17 ottobre (dove si legge che la nomina di Colaizzi è stata presa “al fine di accelerare la realizzazione delle opere di difesa idraulica delle Grave di Ciano”) e che sta già facendo discutere, così come vecchie e più recenti ipotesi di salvaguardia del territorio tornate (o apparse) sulla ribalta in questi giorni.
“Relativamente all’intervento di difesa dalle piene del Piave che l’autorità di bacino ha individuato come necessario nel Piano di Gestione Rischio Alluvioni, leggo nelle ultime settimane le soluzioni più disparate. Al netto del fatto che da ora in avanti la gestione delle opere sarà in capo a un commissario di governo nominato dal Mase, vorrei soltanto ricordare che l’ipotesi che ha proposto la Regione ormai da anni, tramite mia delibera, è quella di realizzare una serie di casse di espansione in destra orografica, nelle grave di Ciano, con arginature le più basse possibili e in terra battuta al fine di avere il minor impatto ambientale possibile”.
Lo ha affermato questa mattina l’assessore regionale alla difesa del territorio e ambiente, Gianpaolo Bottacin, intervenendo sulle iniziative da mettere in atto per la difesa dalle piene del fiume Piave. “Quindi – precisa lo stesso Bottacin – non si tratta della riesumazione del vecchio progetto degli anni ’90 con muraglioni in cemento armato alti 9 metri e più, o dighe più a valle o altre soluzioni ancora. Oggi, per quanto mi riguarda, questa è ancora la soluzione proposta dalla Regione Veneto”.
Nel pomeriggio odierno è intervenuto sul tema anche il Pd provinciale di Treviso, con una nota a quattro mani: “La nomina del Governo Meloni, in barba alla tanto sbandierata autonomia, della commissaria Colaizzi, a cui si è arrivati per tentare di risolvere l’annosa vicenda delle opere di messa in sicurezza del medio corso del Piave, stronca ancora una volta la gestione sbagliata da parte della Giunta regionale. Una questione incagliata da anni, nonostante i fondi messi dal Governo Gentiloni nel 2016 per la progettazione delle opere affidata al tempo alla Regione, con comitati, cittadini e sindaci di ogni colore politico contrari rispetto al poco fatto sino ad ora, mentre il cambiamento climatico colpisce sempre più il nostro territorio”.
Lo dichiarano congiuntamente Giovanni Zorzi e Matteo Favero, rispettivamente segretario del PD trevigiano e responsabile Ambiente regionale e provinciale, che entrano nei dettagli: “È stata avanzata una proposta su un “ponte-diga” che sembrerebbe sostituire il progetto delle casse di espansione a Ciano. In attesa di capire meglio di cosa si tratti, ci preme ribadire al Commissario Colaizzi quelle che da sempre sono le nostre richieste: innanzitutto si tengano in considerazione le giuste preoccupazioni delle comunità rivierasche, con in testa i sindaci dell’area, si prevedano poi interventi lungo tutta l’asse del fiume e, accanto alla messa in sicurezza del Piave, si attuino interventi complementari di rinaturalizzazione di un ambiente fluviale unico, partendo da una stretta alle enormi escavazioni di ghiaia sul letto di uno dei fiumi più sfruttati d’Europa”.
(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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