“Non chiamateci eroi”: gli atleti paralimpici ospiti all’incontro “Diversamente abili, ugualmente sportivi”

Sport e disabilità sono stati il fulcro di un incontro tenutosi venerdì sera all’ex convento di San Francesco a Conegliano, dal titolo “Diversamente abili, ugualmente sportivi”. La seconda edizione dell’appuntamento organizzato dall’associazione “Super Simo’s family” (presentato da Alberto Rosa) ha visto un pienone di pubblico in sala.

L’incontro è stato aperto dal presidente dell’associazione, l’avvocato Stefano Bof, seguito dalle parole di Davide Giorgi e Marco Mestriner, rispettivamente delegato provinciale del Comitato italiano paralimpico (Cip) e coordinatore nazionale Aned Sport, nonché capitano della nazionale di pallavolo trapiantati e dializzati.

Oltre alle attività del Cip e al tema di sport e inclusione, è stato affrontato anche il lato pedagogico della questione, tramite le educatrici Margherita Coral e Alessia Favaretto, oltre alla pedagogista Michela Possamai.

La seconda parte dell’iniziativa ha dato poi spazio alle voci degli atleti paralimpici, reduci dall’avventura di Parigi 2024, ovvero il nuotatore Francesco Bettella di Padova, gli arcieri Asia Pellizzari e Paolo Tonon, rispettivamente di Mareno di Piave Orsago.

Gli atleti hanno raccontato le gioie e le difficoltà che si possono incontrare nel praticare lo sport a livello agonistico. “L’esperienza delle Olimpiadi parigine mi ha portato tristezza e amarezza verso me stessa – ha ammesso Asia Pellizzari la quale ha così ricordato come, al grande appuntamento sportivo, non sia riuscita a vincere come sperava – Questo risultato mi ha portato a pensare di non essere più adatta a questo sport e di doverlo cambiare: l’arco è rimasto chiuso per un mese”.

“Ho cercato di riprendere e ho capito che lo sport deve essere visto come un divertimento e non come un lavoro, anche se mi rendo conto che per me il tiro con l’arco è un altro lavoro – ha proseguito – A volte, però, fermarsi fa parte dell’allenamento”.

Da parte sua, Paolo Tonon ha raccontato i vari aspetti che hanno accompagnato la sua esperienza parigina, da quelli pratici a quelli più emotivi.
“L’esperienza di Parigi mi ha lasciato tanto: vivere la vita olimpica, con atleti da tutto il mondo e che seguivo sui social, è già stata una vittoria – ha raccontato – Era la prima volta che gareggiavo di fronte a tanta gente“.

“Ho vissuto le Olimpiadi come una crescita personale per le future gare – ha aggiunto – In quelle occasioni diventiamo un po’ allenatori di noi stessi ed è necessario trovare quella cosa che ci può essere di aiuto”.

Paolo ha quindi spiegato come cerca di gestire la pressione della gara. “Cerco di pensare a divertirmi, che non vuol dire fregarsene della gara, però serve un giusto equilibrio, per non dare troppo peso a quello che stai per andare a fare”, ha evidenziato.

“Il ‘ce l’ho fatta’ arriva quando faccio una gara sapendo di aver dato tutto – ha continuato – Per me, però, deve ancora arrivare quel ‘ce l’ho fatta’”. Per Francesco Bertella (fresco del suo Dottorato di ricerca in Ingegneria), invece, non si trattava delle prime Olimpiadi, avendo già vissuto prima le avventure di Rio, Londra e Tokyo e, durante questo incontro, ha raccontato i suoi retroscena.

“Prima cercavo esclusivamente il risultato, poi ho avuto la possibilità di andare a parlare nelle scuole (ho incontrato più di 20 mila studenti): lì ho capito quello che facciamo noi atleti paralimpici, ovvero dare un esempio – ha affermato – Quando siamo in gara non esiste altro al di fuori della gara stessa: siamo quindi un esempio per i ragazzi, disabili e non”.
Spesso veniamo dipinti come eroi, ma non lo siamo – ha aggiunto – Siamo persone che abbiamo imparato a fare le cose come gli altri, ma in modo diverso. Abbiamo accolto gli aspetti su cui lavorare e una persona, se ha un obiettivo, le strategie per raggiungerlo le trova”.

“L’importante è lavorare sulla gestione della paura – ha continuato – All’inizio, l’agonismo è stato per me difficile: la mia è stata una scelta di coraggio, dove ho imparato a conoscere al 100% il mio corpo e a costruire un metodo, per affrontare in modo diverso le mie paure”.

(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto: Arianna Ceschin)
(Articolo e foto di proprietà di Dplay Srl)
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