Quando si stacca una valanga, pochi metri o una manciata di secondi possono fare la differenza tra la vita e la morte. Lo sa bene Marco Dalla Longa, scialpinista di Farra di Soligo, che ieri domenica, poco dopo le 13, è uscito incolume – almeno nel corpo – dalla valanga che si è staccata al Passo Giau, travolgendo i suoi compagni Elisa De Nardi e Abel Ayala Anchundia, che purtroppo non ce l’hanno fatta.
Il gruppetto, partito in mattinata dall’Alta Marca trevigiana, stava salendo fino al Passo Giau quando alcuni di loro – Marco, Elisa, Abel e Andrea (fratello di Chiara) – hanno seguito la traccia battuta da altri scialpinisti prima di loro, affrontando un pendio molto ripido ma piuttosto breve. Una volta tolte le pelli dagli sci, hanno iniziato la discesa mentre altri due, che non se la sono sentita, hanno aspettato più a valle.
“Per primi sono scesi Abel ed Elisa, poi io e Andrea”, racconta Marco. “Io sono andato verso sinistra, mentre Andrea ha preso la direzione opposta.” È in quel momento che la valanga si è staccata, travolgendo Elisa e Ayala e seppellendoli sotto metri di neve. I due si trovavano più a valle e stavano guardando la discesa di Marco e Andrea. Marco è stato sfiorato solo da un lembo della valanga, che lo ha trascinato giù per una decina di metri senza sommergerlo. “Quando mi sono voltato verso destra, ho visto un muro di neve venire giù, travolgendo gli altri tre”.

Marco, cosa è successo dopo?
“Ho chiamato immediatamente i soccorsi, poi ho preso la pala e mi sono diretto verso la posizione in cui avevo visto Elisa e Ayala l’ultima volta. Quando l’ARVA mi ha confermato il punto, ho iniziato a scavare da solo. Non so per quanto tempo, ma sicuramente per più di mezz’ora. Nel frattempo, gli altri due che erano rimasti nel bosco sono risaliti e hanno trovato Andrea, che aveva la faccia fuori dalla neve ed era riuscito a respirare”.
E lei cosa hai fatto?
“Una volta individuata la posizione di uno dei due, ho continuato a scavare mentre ero al telefono con i soccorritori. Poi ho trovato il corpo di Abel: ho provato a rianimarlo, premendogli il petto più volte. Nel frattempo sono arrivati i soccorsi e insieme abbiamo estratto anche Elisa, che però si trovava ancora più in profondità, forse a tre metri di profondità o anche di più”.

Come è stato?
“Durissimo. La neve era pesante e bagnata. Eravamo forse in trenta a scavare, dandoci il cambio. C’era anche il cane da ricerca, che aveva fiutato il punto in cui si trovava Elisa, ma perfino le sonde faticavano a raggiungerla per via della quantità di neve”.
Quanto è durato il tutto?
“Non guardavo l’orologio, tenevo il telefono in mano solo per restare in contatto con i soccorsi. Secondo me, tutta l’operazione è durata almeno due ore, forse anche tre. Quando finalmente il cielo si è aperto, sono arrivati gli elicotteri per recuperare i corpi e il materiale”.
Ha sentito gli altri ragazzi che erano con lei?
“Ho parlato con Andrea più volte per sapere come stava. È ancora ricoverato a Pieve di Cadore e ha visto uno psicologo. Fortunatamente, fisicamente sta bene: a quanto pare non ha fratture, forse solo una distorsione a una gamba”.
Ha un messaggio per chi ama la montagna?
“Anche le situazioni che sembrano banali possono diventare pericolosissime quando il rischio valanghe è di grado 3. Bisogna stare sempre all’erta e non sottovalutare mai il pericolo. Meglio restare a casa o, se proprio si vuole uscire, fare solo brevi passeggiate lontano dai pendii ripidi e dalle rocce. Ieri, tutto è partito proprio da lì”.
(Autore: Simone Masetto)
(Foto e video: Simone Masetto)
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