Aula magna gremita la scorsa domenica all’ex convento di San Francesco di Conegliano, per la presentazione del volume “Alma” (edito da Feltrinelli), con il quale la scrittrice Federica Manzon ha vinto il Premio Campiello 2024.
Trieste, il recupero di una mappa identitaria del passato, la memoria e la Storia, il capitolo doloroso della guerra nei Balcani: sono soltanto alcuni degli ingredienti utilizzati per creare un mix così appassionante da aver conquistato non soltanto il pubblico di lettori, ma la stessa giuria del prestigioso premio.
La presentazione è stata organizzata domenica sera dalla libreria Tralerighe di Conegliano, con il patrocinio del Comune. Un appuntamento condotto da Stefano Tacca e Isabella Gianelloni.
Un incontro dove si è parlato di scrittura, psicanalisi, rapporto con i luoghi e di personaggi, a partire da Alma, la protagonista tornata in una Trieste abbandonata in precedenza, per raccogliere l’eredità del padre, senza dimenticare la figura di Vili, originario di Belgrado, figlio di intellettuali e amici dei genitori della stessa Alma.
E proprio a questi ultimi sarà affidato il ragazzino, per metterlo al sicuro, durante il regime di Tito. Una convivenza difficile tra i due giovanissimi: Alma lo vedrà come un intruso, mentre Vili soffrirà il fatto che “nessuno gli ha chiesto se volesse andare là”. Entrambi, anche in futuro, vivranno un profondo problema di identità.
“Vili per me è un personaggio importante e lo è diventato ancor di più, perché, mentre scrivevo, è scoppiata la guerra in Ucraina – ha raccontato Federica Manzon – Tutto ciò fa riflettere e capire su chi sono i singoli che stanno ‘dall’altra parte'”.
Oltre ad Alma e a Vili, la narrazione vede anche le figure del padre, “un personaggio senza nome”, e della madre di Alma, la quale addirittura pare trovarsi in una posizione defilata tra le pagine del romanzo.
“Il nome della protagonista, Alma, è un omaggio allo scrittore triestino Stelio Mattioni e al suo libro ‘Il richiamo di Alma’. Un libro che per me è stato importante, quando ho iniziato a scrivere – ha svelato Manzon – I personaggi sono senza cognome, perché il cognome ci radica nel passato, mentre il padre di Alma dice alla figlia che non bisogna guardare al passato, perché altrimenti si può ricevere un’eredità pesante”.
“Questa figura paterna parlerà molto poco del suo passato, perché secondo lui qualcosa del passato deve essere lasciato andare, per immaginare il futuro – ha continuato – Si tratta del primo libro che scrivo in terza persona, perché non mi piace chi guarda dall’alto i personaggi: credo usare la terza persona che questo sia un modo per conoscere e dare voce ai personaggi stessi”.
Il tema dell’identità e dell’appartenenza ai luoghi, la centralità di Trieste nel romanzo
Un volume, quello presentato, che affronta però anche il tema dell’identità personale e collettiva, oltre a quello dell’appartenenza ai luoghi.
“Chi è lontano dal proprio Paese, sente più forte il suo senso di appartenenza – ha spiegato – Alma fa la giornalista e sullo sfondo c’è la guerra dei Balcani, l’ultima guerra senza internet in cui si facevano gli ‘scoop’. La guerra nei Balcani ci ha raccontato la complessità e il fatto che nulla era come sembrava. Un conflitto difficile da raccontare e che ci ha messo in guardia: una guerra che ha visto di nuovo la nascita dei nazionalismi in Europa”.
“L’appartenenza (e l’identità) ha a che fare con i luoghi”, ha chiarito, aggiungendo come nel volume sia presente anche un riferimento-omaggio alla figura dello psichiatra Franco Rotelli, uno dei principali collaboratori di Franco Basaglia: “Ricordo quando disse che una rivoluzione fu quella di portare gli artisti nei manicomi, perché fare ciò portò il problema all’attenzione della comunità”, ha aggiunto.
Il volume affronta poi un’altra questione: la centralità della città di Trieste, rievocata tra le pagine del romanzo anche grazie al richiamo, ad esempio, dei versi di Umberto Saba e al riferimento alla psicanalisi, entrata proprio da questa città.
“Credo che l’idea di sentirsi cittadini del mondo vada di pari passo al sentirsi cittadini di confine – ha spiegato la scrittrice – Vanno tenuti insieme il nostro essere diversi e il nostro essere insieme cittadini di qualcosa più grande”.
(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto e video: Arianna Ceschin)
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