Il giornalismo sportivo rimane sguarnito: si è spento Bruno Pizzul

Bruno Pizzul con l’amato cappello da alpino

Addio alla voce e al volto che hanno raccontato, con competenza e garbo, molti anni di sport italiano, calcio in primis: nelle prime ore di oggi mercoledì si è spento a Gorizia il giornalista Bruno Pizzul. Fra tre giorni avrebbe compiuto 87 anni, essendo nato a Udine l’8 marzo 1938.

Friulano “doc”, Pizzul – dopo un’esperienza di buon livello come calciatore in anni giovanili – intraprese la carriera giornalistica mettendo presto radici in Rai, dove già dai primissimi anni ’80 si impose come presenza familiare e rassicurante per gli spettatori.

Dai Mondiali di Messico 1986, quelli del trionfo dell’Argentina di Maradona, divenne la voce della nazionale azzurra, che accompagnò e raccontò nell’epico mondiale di Italia ’90, in quello del titolo mancato solo ai rigori di Usa ’94, Francia 1998 e anche nella sfortunata edizione di Corea del Sud e Giappone 2002.

Non ebbe la gioia di raccontare un titolo iridato (nel mondiale 2006 vinto in Germania la prima voce Rai fu Marco Civoli, affiancato da Sandro Mazzola), ma la sua longevità giornalistica, la sua competenza in materia e la sua capacità di non andare praticamente mai sopra le righe lo hanno reso indimenticabile a moltissimi italiani, nonché imitatissimo (tra i suoi migliori “replicanti” vanno citati almeno Gianfranco Butinar e Neri Marcorè).

La sua telecronaca più difficile fu senza alcun dubbio quella della finale di Coppa dei Campioni 1985 tra Liverpool e Juventus allo stadio Heysel di Bruxelles, di cui il prossimo maggio ricorrerà il quarantesimo anniversario. Pizzul raccontò praticamente da solo i lunghi disordini pre partita che portarono alla morte di 39 tifosi bianconeri, e anche – in modo “asettico” come da lui stesso preannunciato – il match (la drammatica telecronaca di quella sera è facilmente reperibile su Youtube).

Al di là dei grandi eventi, Pizzul viene ricordato con grande affetto – e per molti anche nostalgia – per la serenità delle sue telecronache non “urlate”, caratterizzate da una dizione priva di accenti e ricca di termini della lingua italiana che si stanno via via perdendo, nel giornalismo e non solo, come la celebre “parabola arcuata” per descrivere un cross, “la porta sguarnita” in seguito a un’uscita avventata del portiere o, ironicamente, la “calma olimpica” di un difensore che fa il suo mestiere in maniera troppo blanda. Tant’è che anche dopo la pensione rimase ricercatissimo dalle testate sportive e no per interviste e commenti, non solo calcistici ma anche sulla storia del “suo” Friuli Venezia Giulia, e pure per vere e proprie telecronache.

Poco dopo aver compiuto ottant’anni, Pizzul fu ospite a Conegliano in occasione dell’inaugurazione di un’attività commerciale. Al cronista locale che gli rinnovò gli auguri per l’ingresso tra gli ottuagenari, rispose con la consueta sottile e garbata ironia: “Grazie, grazie, è stata fatta abbastanza confusione!”. In quell’occasione, pronosticò l’ingresso delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene tra i patrimoni Unesco, che effettivamente si concretizzò nei mesi successivi.

L’Associazione Nazionale Alpini si stringe in un affettuoso abbraccio alpino alla famiglia di Bruno Pizzul, che aveva svolto il servizio militare nelle Penne nere come ufficiale di complemento: nel 1962 aveva iniziato il 28° corso AUC ad Ascoli Piceno concludendolo alla SMA con la nomina a sottotenente, destinazione Courmayeur, Plotone Atleti, e successivamente a Montorio Veronese, allora CAR per le Brigate Alpine. Richiamato due volte, la prima delle quali alla SMA nel 1969, ha conseguito il grado di capitano in servizio ad Aosta. Da trent’anni era iscritto all’Associazione nel Gruppo alpini di Medea (Sezione di Udine) e amava partecipare agli incontri e agli eventi organizzati dalle penne nere.

Per festeggiare i suoi 80 anni gli alpini avevano organizzato a Cormons una serata in suo onore alla quale aveva partecipato anche il presidente nazionale Sebastiano Favero. Nell’occasione, con il suo immancabile sorriso e il suo spirito allegro, ringraziò gli alpini con una frase tipica delle sue telecronache: “Tutto molto bello!”.

La sua voce – fu prima voce per la Rai delle telecronache della Nazionale di calcio dal 1986 al 2002 – e le sue frasi cult ci hanno accompagnato per intere serate tra le gioie e i dolori del calcio giocato e hanno fatto scuola nelle telecronache sportive. “L’Ana – ha detto Favero – ne ricorda oggi le doti umane da vero alpino, ispirate a sobrietà, passione, simpatia e capacità empatiche ed all’amore per il suo Friuli”.

(Autore: Luca Anzanello)
(Foto: Associazione Nazionale Alpini)
(Articolo di proprietà di Dplay Srl)
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