Oltre ad aver legato indissolubilmente il proprio nome all’arte vinicola, la famiglia Carpené è stata anche protagonista dell’arte edilizia grazie a tre ingegneri e architetti, Giuseppe, Bernardo e Giuliano, che hanno cambiato il volto di Conegliano tra la fine dell’Ottocento e buona parte del Novecento. Il loro archivio personale, da anni di proprietà del comune, è in attesa di un progetto di riqualificazione che potrebbe svelare tanti risvolti inediti della storia moderna della città.
Giuseppe, Bernardo e Giuliano Carpené, rispettivamente padre, figlio e nipote di secondo grado, operarono in uno spazio di tempo, poco più di un secolo, in cui Conegliano e l’intera Alta Marca Trevigiana conobbero il processo di industrializzazione, le campagne di ricostruzione all’indomani delle due guerre mondiali e gli anni del boom economico.
Tre ingegneri, in anni in cui la professione era sovente sinonimo di architetto, che plasmarono lo sviluppo urbanistico dei nostri territori e documentarono meticolosamente la propria attività in un archivio di famiglia acquisito nel 2004 dal comune di Conegliano.
L’acquisizione, avvenuta su iniziativa dell’allora amministrazione Zambon e grazie all’interessamento dello studioso Italo Quadrio, portò nei magazzini del comune un vero e proprio “tesoretto” archivistico: un fondo della consistenza di quasi 250 documenti che vanno dal 1870 al 1980, svariata manualistica d’epoca, rotoli di disegni, quaderni con schizzi preparatori, fotografie e addirittura alcune cassettiere lignee in cui parte del materiale era contenuto.
In quelle carte, il racconto inedito di una Conegliano che cambiava volto e assumeva alcuni dei profili che ancora oggi la caratterizzano: basti pensare che nel 1883 fu Giuseppe Carpené a progettare le architetture monumentali di stile eclettico del cimitero di San Giuseppe, dopo essere stato scelto dalla commissione comunale che esaminò anche un progetto di impronta fortemente neomedievale di Girolamo Di Gaspero.
Erano i decenni in cui a Padova, città in cui gran parte degli ingegneri locali si formava, Pietro Selvatico e Camillo Boito invitavano i nuovi progettisti a recuperare l’estetica medievale e rinascimentale in un nuovo stile eclettico da opporre al troppo freddo e “francese” neoclassicismo che andava per la maggiore nella prima metà dell’Ottocento.
Pur con sfumature differenti, furono i progetti di Carpené e Di Gaspero a portare a Conegliano quelle innovazioni estetiche che non mancarono di fare scuola, come dimostrano le tante architetture revivalistiche che si possono ancora oggi ammirare in città.
Bernardo Carpené proseguì sulla strada del padre abbracciando lo stile eclettico in importanti progetti come quello della Scuola Enologica e di altri due edifici a essa collegati, la Bottega del Vino e la Stazione sperimentale. Ma fu a sua volta innovatore, progettando alcune delle più belle ville in stile liberty che la borghesia cittadina commissionò lungo le direttrici di espansione del centro urbano, come viale Spellanzon e via XXIV Maggio.
Giuliano fu più ingegnere che architetto, protagonista a partire dagli anni Sessanta di alcuni progetti che badavano più alla funzionalità che all’estetica, ma nondimeno centrali per la vita cittadina: il nuovo ospedale civile, Casa Fenzi e vari fabbricati per abitazioni popolari.
Il loro archivio è sopravvissuto a un paio di guerre e, soprattutto, all’alluvione che colpì duramente la città e in particolare Borgo Madonna nel 1956: di quel disastroso evento le carte portano ancora i segni, visto che l’edificio dei Carpené in cui erano custodite fu invaso dal fango trascinato dall’esondazione del Monticano.
Tra 2009 e 2010 l’amministrazione comunale avviò un progetto interno agli uffici per una prima sistemazione, una redazione di massima basata sui registri compilati dagli stessi architetti: grazie a questo lavoro alcuni studiosi hanno potuto almeno parzialmente consultare le carte, ma si è trattato comunque di un accesso limitato dallo spoglio poco approfondito del fondo e dalle sue condizioni materiali.
Ci vorrebbe un importante progetto di recupero con risorse specifiche, spiega chi ha avuto modo di vedere quel prezioso archivio, che unisca le necessarie competenze per restaurare i materiali e comprenderne a fondo l’importanza per la storia della città e più in generale dell’architettura dell’epoca.
Però, assicura chi di tesori archivistici se ne intende, il beneficio per la pubblica utilità varrebbe l’investimento, perché si renderebbe finalmente fruibile una delle molte gemme di un archivio comunale, come quello di Conegliano, che a distanza di tanto tempo continua a stupire studiosi e ricercatori per la ricchezza dei segreti che custodisce.
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