E’ iniziato ieri in tribunale a Treviso, il processo per la morte di Dino Corrocher, il 49enne maestro bottaio della Garbellotto Botti, la storica azienda coneglianese che oggi ha sede a Sacile, vittima di un terribile incidente sul lavoro il 26 luglio 2017.
A rispondere per la sua morte, accusati di omicidio colposo ci sono l’amministratore delegato (e presidente di Imoco Volley) Pietro Garbellotto difeso dall’avvocato Alessandro Alfano, i fratelli Pieremilio e Piergregorio, il direttore dello stabilimento Graziano Cavalet difesi dall’avvocato Alberto Mascotto, e il responsabile della sicurezza Matteo Cestaro difeso dall’avvocato Alessandro Rinaldi.
Nel corso della prima udienza sono stati sentiti alcuni colleghi della vittima e gli ispettori dello Spisal incaricati dal pubblico ministero Giulio Caprarola di svolgere le indagini. E sono stati i propri i tecnici a ricostruire la dinamica del terribile infortunio, provocato dal distacco, da una tavola di rovere, di quella che è stata definita una “lancia”, ossia un pezzo di legno di circa mezzo metro, che ha colpito e trafitto Corrocher all’altezza del pomo d’Adamo.
Il 49enne, che viveva a Vittorio Veneto, non aveva avuto scampo. La scheggia gli ha lesionato la giugulare provocandogli un’emorragia intensa che lo ha portato alla morte in pochissimi minuti. L’uomo era un operaio esperto, come confermato in udienza, e adeguatamente formato all’utilizzo dei macchinari.
Responsabili dell’incidente, per il mancato rispetto delle misure di sicurezza, secondo la procura sarebbero i cinque imputati. Secondo la difesa, invece, il macchinario quel tragico giorno, sarebbe stato impropriamente utilizzato dall’operaio.
Corrocher avrebbe infatti usato la rifilatrice, destinata alla lavorazione delle doghe delle botti, per tagliare alcuni pezzi di legno destinati alla vendita. Una mansione che non sarebbe stata a lui affidata dai superiori.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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