Il 5 novembre si avvicina e anche nella Marca trevigiana gli appassionati di politica americana e di questioni internazionali stanno seguendo gli ultimi giorni di campagna elettorale dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti d’America, Kamala Harris e Donald Trump.
Tra loro spicca il 23enne Mattia Lazzer, studente di Giurisprudenza all’Università di Padova e consigliere comunale di Codognè con delega all’istruzione, alle politiche giovanili e al sostegno del Terzo Settore.
Lazzer si è diplomato all’Isiss Cerletti di Conegliano e, fin dai 16 anni, ha sviluppato una grande passione per la politica, in particolare per quella americana. In un’intervista concessa a Qdpnews.it – Quotidiano del Piave, ha analizzato i profili dei due candidati oltre alle possibili ripercussioni del voto americano sugli equilibri internazionali.
“Volenti o nolenti – commenta Lazzer – la politica e la società americana hanno influenzato e continuano ad influenzare il nostro Paese. Pertanto, chiunque si definisca uno studioso o più semplicemente un amante della politica non può trascurare quella d’oltreoceano. Personalmente la mia passione è derivata dallo studio dei libri della firma del Corriere della Sera Federico Rampini, che per anni ha vissuto tra la West e la East Coast”.
In sintesi, quali sono i punti principali dei programmi elettorali di Donald Trump e di Kamala Harris?
“Sintetizzare i diversi temi della campagna elettorale di Kamala Harris e Donald Trump – continua – non è semplice come a dirsi, ma proverò a farlo in alcuni punti. Economia e lavoro. Harris punta al sostegno della classe media americana, che nel tempo è quella che più si è allontanata dal partito Dem, visto come un partito per Lobby e Vip, proponendo salari minimi più elevati, agevolazioni fiscali e maggiori tutele per i lavoratori. Sul piano estero sembrerebbe propensa a mantenere, come nell’amministrazione Biden, i dazi introdotti da Trump verso la Cina. Trump intende riportare gli Usa ad essere una superpotenza produttiva – continua – rilanciando la produzione manifatturiera nel Paese attraverso grandi riduzioni fiscali per i lavoratori dipendenti, nonché diminuendo la spesa pubblica fortemente avviata da Biden e aumentando i dazi verso la Cina.
Ambiente. Trump punta a fare degli Usa il maggior produttore mondiale di energia (in competizione con la Cina) riducendo drasticamente gli incentivi apportati da Biden con il piano Inflation Reduction Act (quasi 1000 miliardi di dollari) che puntano a promuovere l’energia green, mentre Harris si pone su una linea di continuità con l’amministrazione Biden”.
Lazzer ritiene che i temi dell’immigrazione e della sicurezza interna siano tra i punti più critici di questa campagna elettorale: “Se da un lato Trump tiene lo stesso filone narrativo con cui si presentò alle elezioni del 2016 (muro con il Messico, aumento degli organici di polizia, lotta ai narcos…) – precisa -, Kamala Harris paga il prezzo di essere stata mandata da Biden in Guatemala a dire che le frontiere dell’America restavano chiuse, entrando in conflitto con la campagna elettorale di allora e con l’ala più radicale dei Dem capeggiata dalla parlamentare Alexandra Ocasio-Cortez. Si potrebbe ipotizzare che, nel tentativo di mediare questi conflitti, Harris seguirà cautamente le orme di Joe Biden”.
Quali potrebbero essere le conseguenze della vittoria di Trump o di Kamala sugli equilibri geopolitici del mondo e per i conflitti in corso?
“Questa – sottolinea Lazzer – viene considerata una delle elezioni americane con maggiore rilevanza a livello mondiale a causa dei numerosi conflitti che si sono accesi negli ultimi anni. Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, i due candidati sono stati ben chiari: una vittoria di Harris vedrebbe una continuità negli aiuti all’Ucraina, mentre una vittoria di Trump vedrebbe una riduzione degli aiuti o persino una soluzione del conflitto probabilmente ben lontana dall’immaginario di Bruxelles e di Kiev”.
“La guerra in Medioriente è di più difficile inquadramento – prosegue -. Bisogna considerare un fattore importante: gli enormi investimenti americani sui microchip in Israele, come soluzione ad una possibile perdita di Taiwan (leader nella produzione mondiale dei chip). Ciò potrebbe spingere entrambi i candidati alla presidenza a un più palese o meno sostegno ad Israele”.
“Inoltre – aggiunge -, Harris si trova più in difficoltà con il sostegno ad Israele a causa delle manifestazioni pro-Palestina nelle università americane e in diverse altre realtà sociali, ancora una volta scontrandosi, dunque, con una base elettorale importante per lei. Trump sembrerebbe essersi espresso nel voler dare carta bianca ad Israele e nel frattempo spingere l’Arabia Saudita a partecipare agli Accordi di Abramo (ma attenzione ad una possibile escalation con l’Iran prima delle elezioni!)”.
Sulla base della sua analisi, chi ha più chance di vincere? Cosa pensa dei vicepresidenti designati da entrambi i candidati in caso di vittoria?
“Tra i candidati alla vicepresidenza – commenta – ritengo che Trump abbia fatto una scelta migliore di Harris: J. D. Vance si è dimostrato superiore nel confronto avuto con Tim Walz, inoltre è proprio Vance che rappresenta agli occhi dei media una (a loro dire) ‘novità’: un intellettuale al fianco del ben noto Donald Trump. Tra Harris e Trump sembrerebbe un testa a testa, ma vi sono alcune considerazioni da fare: di Kamala Harris ho già detto del suo possibile contrasto con gli elettori, mentre per quanto riguarda Trump spesso non viene considerato che alle elezioni del 2020, nonostante la sconfitta, ha preso circa 12 milioni di voti in più che nel 2016: questo grazie ad un’enorme affluenza alle urne”.
“Trump guadagna voti anche tra le comunità Black e Latinos (a causa delle crescenti insicurezze nei loro quartieri, causate per assurdo dal ‘Defound the Police’ dei Dem) – continua – ha ricevuto un importante endorsement da parte dell’ex terzo candidato Kennedy (il cui elettorato Dem tornerà probabilmente ad Harris). In numerosi Stati sono ancora presenti diverse ‘sacche di indecisi‘, persone che non hanno ancora stabilito a chi dare il voto”.
“Penso che queste persone non si faranno influenzare dai toni della campagna elettorale – conclude -, ma voteranno osservando l’economia, e in particolare il problema dell’inflazione, di fatto avvantaggiando Trump. Al netto di queste osservazioni, l’ago della bilancia sembra pendere verso il Partito Repubblicano di Donald Trump che potrebbe divenire il 47esimo Presidente Usa”.
(Autore: Andrea Berton)
(Foto: Mattia Lazzer)
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