I nostri paesi cent’anni fa: ecco un altro terzetto di paesi con tante curiosità risalenti al 1922, raccolte e raccontate dal professor Enrico Dall’Anese nella rubrica dedicata nel nostro magazine mensile.
Questa volta tocca a Pieve di Soligo, Cison di Valmarino e Vidor.
Pieve di Soligo cent’anni fa
Stando agli Annuari statistici del 1922 e degli anni seguenti, stupisce davvero il notevole sviluppo raggiunto dal Comune dopo il momentaneo smarrimento alla conclusione della Grande Guerra. Pieve appare come un centro particolarmente vivace e strutturato e consolida il suo primato nella zona, già affermatosi nel secondo Ottocento.
Usufruisce di benefiche istituzioni come le Opere Pie e gli Istituti di Beneficenza Balbi Valier e la Società di mutuo soccorso fra gli operai.
Ci sono ben quattro istituti di credito, indicatori della vivacità economica del territorio. Sono presenti un Circolo polisportivo; un cinema-teatro (al Patronato Careni); una Biblioteca circolante comunale; agenzie di assicurazione; una tipografia, quella di Angelo Boschiero; lo studio fotografico di Giovanni Munari, attività allora di non comune diffusione; ben due farmacie, la Schiratti e la Tocchetti.
Sono molto attivi il mercato settimanale del sabato e la Fiera del secondo sabato di settembre.
Pieve diventa di nuovo meta di numerosi villeggianti, specie nel periodo estivo e autunnale. La sua capacità ricettiva è notevole con ben sei alberghi: “Leone d’oro” di Pietro Fedato, “Alla Posta” di Ettore Pavan, “Al Ponte” di Maria Casagrande, “All’Osteria Vecchia” di Giuseppe Baldo, “Al Cannone” di Francesco Stella, “Alla Stella d’Oro” di Augusta De Nardi vedova Zorzi.
Le osterie sono molto frequentate dai pievesani. C’è solo l’imbarazzo della scelta degli osti: almeno una quindicina tra osterie, caffè, pasticcerie e rivendite di liquori.
Dorigo e Dalla Betta producono birre e gazzose.
Anche in fatto di alimentazione, borghesi e artigiani si permettono dei generi alimentari quasi sconosciuti al ceto contadino. I commercianti rappresentano una categoria numerosa ed influente, che non possiamo elencare per mancanza di spazio.
Molte foto dell’epoca, specie quelle scattate dal citato fotografo Luigi Munari, ci ritraggono persone in abito elegante, vestite alla moda.
A Pieve esercitano una decina di sarti e sarte. Per chi si confeziona gli abiti in casa, ben tre negozi vendono macchine da cucire. Una decina anche i calzolai.
Nell’ambito della borghesia si torna presto ad un tenore di vita elevato. Numerosi i negozi di oreficeria con gli orefici Annibale Filippetto, Antonio Bottari e i Fratelli Bonfort e gli orologiai L. Dalla Betta, E. Dalla Pace e Angelo Bellè.
Per l’igiene della persona non mancano provetti parrucchieri. Tra gli altri, Alberto Dini, Cesare Masutti, Francesco Da Vià e Riccardo Casagrande.
Molto sviluppato l’artigianato nel campo edilizio e in quello del legno.
Un cenno infine al tempo libero. C’è una vera e propria passione per la bicicletta. I negozi di Giovanni Meneghini, Oreste Penati ed Enrico Bressan fabbricano, vendono e noleggiano velocipedi.
Cison cent’anni fa
Il 1922 si apre a Cison con il solenne tributo alla salma del caduto Cesare Possamai di Gottardo che, tumulata a Gorizia, viene ora portata in questo cimitero.
Funerali solenni anche per la maestra signora Maria nob. Miari, insegnante per 40 anni.
In primavera si svolge, come consuetudine, la Festa degli alberi. La cerimonia inizia con l’inaugurazione della nuova bandiera delle scuole. Il direttore didattico, Virgilio Zava, incita i fanciulli all’amore per la coltura delle piante. Mentre gli scolari cantano inni d’occasione, nel cortile dell’edificio scolastico sono messi a dimora quattro pini.
Il 2 luglio riscuote molto successo la tradizionale sagra della Madonna delle Grazie, con grande tombola.
Il 19 agosto la salma della compianta N. D. Contessa Leopolda Brandolini dei Marchesi d’Adda, dama di Palazzo di Sua Maestà la Regina Madre, spentasi l’8 agosto a Venezia, è trasportata in forma imponente nella tomba di famiglia del Castello di Cison. Donna munifica, anche in morte lasciava 30.000 lire per opere di beneficenza di cui 10.000 per i poveri.
Per quanto riguarda le frazioni, il 2 settembre viene inaugurata l’importante strada che da Rolle porta in località Ronc. Si spera che entro qualche anno la strada si prolunghi congiungendosi con quella che da Refrontolo porta al Molinetto della Croda.
A rappresentare l’amministrazione comunale è il consigliere Gallon, che porta i saluti del sindaco occupato nell’inaugurazione del Monumento ai Caduti di Tovena, opera del celebre Paolo Possamai di Solighetto.
Qui la manifestazione assume forme veramente grandiose. Piazza Maggiore è adornata di alberi, “verzura”, fiori e trofei tricolori. La messa, accanto a un picchetto di guerra e alla presenza di una folla strabocchevole ai piedi del monumento, è celebrata da padre Anacleto Milani, abate della Follina.
La Filarmonica di Cison intona la Marcia Reale e l’Inno del Piave. A mezzogiorno il banchetto offerto alle numerose autorità.
Il pomeriggio è dedicato ai festeggiamenti con cuccagna, lotteria e corse podistiche a suon di banda.
Vidor cent’anni fa
Il 2022 è stato il centenario dell’esecuzione della prima fase degli affreschi di Guido Cadorin nella chiesa parrocchiale di Vidor. In quegli anni (1921-1926) l’artista fu di casa a Vidor. Poco più che ventenne (era nato a Venezia nel 1892) è proprio qui che consolida la sua fama e merita pertanto qualche cenno per ricordarlo.
Il paese era uscito semidistrutto dalla guerra. Mentre si approntavano le prime baracche di fortuna col ritorno dei profughi, la comunità decise di mettere subito mano alla riparazione della sua artistica chiesa.
Restaurata alla meglio la struttura, si pensò subito alla sua decorazione. Perché si optò per il Cadorin?
L’artista era qui già abbastanza conosciuto. Nel 1920 aveva partecipato alla Mostra nazionale d’arte sacra a Venezia, con alcune tempere e bozzetti, per la decorazione musiva di chiese danneggiate dalla guerra, impegno che gli aveva procurato la commissione degli affreschi nella vicina parrocchiale di Col San Martino eseguiti con l’aiuto di Astolfo De Maria e Bortolo Sacchi.
Al 1921 data l’incontro con l’industriale della seta Arrigo Zadra, che lo incaricò appunto della decorazione della parrocchiale di Vidor alla quale prese parte anche Bortolo Sacchi: la Resurrezione ed Ascensione di Cristo nel soffitto, La Sacra Famiglia, l’Adorazione dei Magi e la Crocifissione nella cappella maggiore; il Padre Eterno nell’abside.
Poco dopo fu raggiunto anche da suo padre Vincenzo, intagliatore ed ebanista, che compose nel 1924 nell’altare del Carmine il gruppo scultoreo della Madonna del Carmine, di San Simone Stok e Santa Teresa.
In quegli stessi anni, nel 1923, Guido Cadorin ricevette la commissione per la decorazione di villa Zadra, nella quale scelse come aiuto il pittore-decoratore Giovanni Zanzotto, padre del grande poeta Andrea di Pieve di Soligo.
Gli affreschi e “sgraffiti” di villa Zadra, secondo il critico De Guttry, costituiscono una fantasmagorica decorazione che prende l’avvio dagli affreschi veronesiani per mescolarsi alle più accattivanti soluzioni secessioniste; il tutto però controllato da una geometrica griglia distributiva.
Per tale opera venne menzionato nell’enciclopedia Treccani.
Ma l’attività del Cadorin a Vidor non finì qui.
Nella chiesa-monumento ai caduti, inaugurata nel 1925, realizzò una pala raffigurante la Deposizione e i tre Santi Rocco, Sebastiano e Stefano. Fu trafugata nel 1986 e sostituita con una pala di Alfonso De Sordo (martirio di San Sebastiano).
Morì a Venezia nel 1976.
(Autore: Enrico Dall’Anese e Debora Donadel – Eventivenetando)
(Foto: Eventivenetando)
(In collaborazione con: Consorzio Pro loco – Quartier del Piave)
#Qdpnews.it riproduzione riservata