Ore 21 del 6 ottobre 1924: una data e un orario destinati a restare impressi nella storia della comunicazione del Paese, visto che proprio all’epoca ci fu la prima trasmissione radiofonica in Italia.
All’epoca venne trasmesso il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana, con la violinista Ines Viviani Donelli.
La radio, inizialmente utilizzata per scopi prettamente politici e militari, ottenne una diffusione più tardiva in Italia, rispetto ad altri Paesi, forse perché tale strumento non venne pienamente compreso, nella sua utilità collettiva, almeno all’inizio.
Eppure fu proprio un italiano, Guglielmo Marconi, a percepire la potenzialità della comunicazione senza fili, tanto da essere considerato il padre della radio moderna.
Nel 1896 ottenne in Inghilterra il primo brevetto per la telegrafia senza fili, anche se nel 1893 il fisico Nikola Tesla aveva presentato una trasmissione senza fili nel Missouri.
Nel 1916, grazie allo statunitense David Sarnoff, la radio iniziò a essere pensata come a un mezzo indoneo a trasmettere la musica.
Ma fu negli anni Venti del secolo scorso che divenne, a tutti gli effetti, un importante strumento di massa, pensato per la comunicazione collettiva, diffondendosi negli spazi pubblici e divenendo, quindi, uno strumento di ritrovo per la popolazione.
Alla fine di quel decennio nacque l’Eiar (Ente italiano audizioni radiofoniche), aumentarono i programmi e nacquero le prime cronache sportive.
Durante il Ventennio fascista, però, venne plasmata come strumento di propaganda per il consolidamento del consenso, mentre nel corso del Secondo conflitto mondiale, anche tramite Radio Londra, fu fonte di notizie clandestine, sganciate dal peso del regime.
Con il dopoguerra la radio fu espressione di un’informazione accessibile a tutti e libera da ogni ideologia. L’Eiar divenne Rai (Radio audizioni italiane) e la radio nel 1951 trasmise addirittura il Festival di Sanremo in diretta.
Nonostante l’avvento della televisione nel 1954, la radio proseguì la propria storia: cambiarono i modelli, divenendo nel tempo sempre meno ingombranti, iniziarono a nascere delle radio al di fuori della Rai, con un’espansione delle radio private specialmente negli anni ottanta, grazie alla figura del dj.
Una storia, quella della radio, che continua ancora oggi, presentandosi come uno strumento per intrattenere il pubblico e soddisfare tutti i suoi gusti, anche in auto e in viaggio, con programmi, dibattiti, podcast, audiolibri, approfondimenti e inchieste.
Per ricordare tale ricorrenza, oggi è stato emesso un particolare francobollo, per la posta ordinaria, che raffigura un traliccio dove convergono le onde radio e il primo logo della Rai.
Il regista Pupi Avati, invece, per l’anniversario ha realizzato il docufilm “Nato il 6 ottobre”, dove viene narrata la storia di una persona nata proprio il giorno dell’arrivo della radio in Italia.
Il Museo della Radio d’epoca a Cison di Valmarino
E proprio alla storia della radio e ai suoi molteplici usi nel tempo, è dedicato il Museo della Radio d’epoca di Cison di Valmarino, un gioiello incastonato nel teatro “La loggia”, situato nella centralissima piazza Roma.
Uno spazio che, grazie a Lizio Brandalise (cultore della radio e curatore del museo), ripercorre la storia di questo strumento, dagli anni Venti fino alla fine degli anni Settanta del secolo scorso.
Filmati d’epoca, apparecchi d’ogni tipo e svariati modelli (alcuni dei quali anche dall’estero), manifesti riguardanti alcuni programmi radiofonici, fino a una vera e propria “radio della speranza”, costruita da alcuni prigionieri nei lager nazisti: sono soltanto alcuni dei materiali in mostra che si possono osservare.
Senza dimenticare poi la storia di Virginio Floriani (1906-2000), cisonese che fondò nel 1946 la Telettra (Telefonia, elettronica, radio), azienda specializzata nella progettazione e produzione di apparati per le telecomunicazioni.
Un storia, quella della radio, che continua a vivere e ad affascinare la collettività.
(Autore: Arianna Ceschin)
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