Vittorino Mason e il suo dialogo con gli alberi. Un libro che “parla col bosco”

La sua, come tiene a ribadire, non è “solo” una passione, ma una vera e propria “vocazione” per la scrittura. Così come, quella di andare nei boschi a “parlare con gli alberi”, è sempre stata un’urgenza insopprimibile, in assenza della quale “mi mancava il respiro”.

Lui è Vittorino Mason, 62 anni, padovano d’origine (Loreggia) ma residente da tempo a Castelfranco Veneto. Alpinista e scrittore, già autore di numerosi libri dedicati alla montagna e non solo. E ora, da circa due settimane, impegnato a presentare la sua ultima fatica letteraria, ovvero “Parla col bosco. Dialoghi e meditazioni con gli alberi”.

“Si tratta di 21 dialoghi tra un uomo di pianura e un albero di montagna – racconta l’autore, che è anche coordinatore del Gruppo Naturalistico ‘Le Tracce’. – Insofferente della pianura urbanizzata un uomo (cioè lui stesso, ndr.) ritrova nella natura della montagna il silenzio perduto e chi lo sa ascoltare. Zaino in spalla si reca nei luoghi più disparati a cercare vecchi alberi ai quali raccontare lo stato d’animo di quel momento. Faggi, aceri, betulle, pini cembri, pini neri, ontani, abeti, larici, frassini, pini mughi, carpini, tigli e altri ancora si tramutano in amici discreti e pazienti con il grande dono dell’attenzione. Nel silenzio e nell’armonia di un paesaggio naturale, l’uomo si rivela e si confida agli alberi per poi rimanere lì ad ascoltare le loro storie. Perché gli alberi non hanno orecchie, ma sanno ascoltare, non hanno occhi, ma riescono a vedere, non hanno la bocca, ma parlano”.

Uno sguardo, il suo sulla realtà circostante, curioso ma al tempo stesso critico, sempre però animato dalla bonaria ingenuità tipica di un bambino. “Io sono ‘figlio’ della morte della civiltà contadina veneta“, sottolinea. Quella stravolta una prima volta dal boom economico e, successivamente, dal “miracolo” del Nordest. “Da lì l’esigenza di allontanarmi dalla città per ricercare il silenzio e l’ascolto della natura, in un dialogo che qui non esiste più”.

Da qui anche l’idea del libro. “‘Gli alberi sono le colonne del mondo, quando tutti gli alberi saranno tagliati il cielo cadrà su di noi’ recita un detto indios. Ma gli alberi non sorreggono solo il cielo, sostengono anche il senso dell’esistenza, del paesaggio, del bello, danno forma ai luoghi – prosegue Mason – Cosa mai sarebbe la terra senza gli alberi se non un luogo di desolazione, un non luogo. Gli alberi sono come dei fari, delle sentinelle, dei compagni che ci guidano lungo la strada. Rappresentano le nostre radici: sono punti fermi nel mondo della natura. Prendono l’energia dal cielo e la rivolgono alla terra per poi restituirla di nuovo al cielo in un ciclo infinito di prendere e dare, di energie e sinergie”.

E ancora, esplicitando la sua poetica che risente delle influenze, tra gli altri, di Andrea Zanzotto e Mario Rigoni Stern, l’autore sottolinea: “L’albero mi dà il senso della misura e della stabilità: trascorre la sua vita sempre in un luogo, lo fa proprio, s’incorpora al resto, stringe un patto d’alleanza con la terra che lo nutre e a sua volta diventa cibo, riparo, rifugio, tana, nido, fuoco, attrezzo, trampolino d’involo per chi ha ali. Ammiro gli alberi perché sanno stare al loro posto, zitti; tanto umili quanto forti e coraggiosi nell’affrontare le avversità della vita. Sono andato cercare il luogo, la natura e gli alberi laddove c’erano davvero boschi, foreste, terra, silenzio, aria e acqua. Per sopperire al bisogno e all’urgenza di un contatto intimo, autentico e selvaggio con la natura e riallacciare il mio legame con le forze della terra, sono andato a cercare in alto. È lì che, camminando, nel corso degli anni ho fatto amicizia con alcuni alberi. Non è successo subito. È stato solo con pazienza, nel corso del tempo che, più andavo per monti, per gli stessi luoghi, la montagna e i suoi abitanti mi hanno accettato, permesso di ritornare, svelato alcuni segreti”.  

“Ognuno di questi alberi mi ha ospitato a casa sua, ha ascoltato con pazienza ciò che di volta in volta portavo dalla pianura: le vicende e i problemi della vita, le diatribe, le guerre, la politica, le paure, i sogni, il sentimento di quel determinato periodo, in cambio ognuno di loro mi ha raccontato la sua vita, narrato delle storie e fatto conoscere il bosco – conclude l’autore – Adesso che le aspettative di rimanere ancora a lungo nel consorzio degli uomini diminuiscono, con piacere immenso butto lo sguardo a quegli alberi; invidio con ammirazione la fierezza e il portamento con la quale sopportano, lottano e si aggrappano alla vita come molluschi agli scogli. Ho ritrovato anch’io radici e terra, le turbolenze dell’oceano non fanno più paura”.

(Autore: Alessandro Lanza)
(Foto e video: Alessandro Lanza)
(Articolo, foto e video di proprietà di Dplay Srl)
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