Si intitola “Le vite spezzate” l’opera del maestro Arturo Breda in memoria dell’Alpino geniere Renzo Gava – originario di Cappella Maggiore, morto a 19 anni a Gemona nel tragico terremoto del Friuli avvenuto il 6 maggio 1976, sotto le macerie della Caserma Goi – Pantanali, dove stava svolgendo il servizio militare – e degli altri Alpini “andati avanti”.
Il monumento, che si sviluppa su un monolite di pietra bianca, si trova negli spazi esterni della sede degli Alpini di via Trevisani nel Mondo a Cappella Maggiore ed è stata inaugurato l’altra domenica durante una cerimonia che ha toccato e commosso il cuore dei presenti.
L’opera è stata benedetta dal parroco don Riccardo Meneghel e la mattinata è stata accompagnata dai canti del Coro Mesulano sezionale che hanno suscitato una sentita emozione negli astanti.
“Come gruppo di Cappella Maggiore – ha esordito il capogruppo Gianantonio Tavian – dedichiamo questa giornata alla memoria dell’alpino geniere Renzo Gava, scomparso tragicamente con il terremoto del 1976 durante il servizio militare. Dopo tanti anni, siamo riusciti a identificare la locazione più adatta per questo splendido monumento creato dalle sapienti mani dell’artigiano scultore Arturo Breda, nostro associato: esso ricorda anche tutti gli alpini del nostro gruppo ‘andati avanti’ che tanto hanno dato a questa sede e alla comunità”.
Presente la sindaca di Cappella Maggiore, Mariarosa Barazza: “Ricordare Renzo, giovane geniere alpino, e gli alpini che ci hanno lasciato – ha detto – significa tenere vivo lo ‘spirito alpino’ animato da quello spiccato senso del dovere che le penne nere nutrono verso il bene e la pace delle nostre comunità”.
La vicinanza della comunità di Gemona del Friuli, dove il giovane Gava morì, è stata testimoniata dalla presenza della vicesindaca con delega alla cultura Flavia Virilli, figura particolarmente significativa per il suo impegno a favore della memoria nelle comunità delle vittime della caserma di Gemona, sulla scia del prezioso servizio dei genitori che nel 1976 si adoperarono per unire i familiari di quei giovani in servizio militare tragicamente scomparsi e facilitare le pratiche burocratiche.
All’evento di domenica c’erano anche il sindaco di Fregona Giacomo De Luca, il vicepresidente sezionale degli Alpini Maurizio Casetta, le madrine Rita Sonego e Ivanka Gosel, Gianpaolo De Luca del direttivo di Banca Prealpi SanBiagio, il colonello Agostino Ferrari, nel 1976 vicecomandante della Compagnia Genio pionieri alla Caserma Goi Pantanali di Gemona del Friuli: egli conobbe personalmente il giovane Gava, che lo aiutava nei compiti di segreteria.
Il significato del monumento
“In quest’opera – hanno spiegato durante l’evento gli Alpini – il nostro artista ha voluto infondere spirito ed anima ad un semplice sasso. Egli ha posto una targa sul retro per ricordare la sua gioventù, ‘su monti e valli ai miei vent’anni’, perché anche lui, come molti di noi, ha goduto del piacere delle camminate e arrampicate sulle nostre amate montagne”.
“Questa scultura rappresenta il percorso della vita di tutti noi – hanno proseguito -. Il sentiero scolpito sulla pietra è il simbolo della vita: ogni passo è una sfida, ogni sosta è una riflessione, ogni meta è una conquista. Il sentiero non è stato volutamente evidenziato perché idealmente segna anche la libertà di percorrerlo, deviando da un sentiero ideale e personale”.
“Nel percorso della vita vi sono gli ‘alti e bassi’ e quando inizia la discesa ci si aggrappa alla corda in questa ideale parete: da qui il titolo dell’opera: ‘Le vite spezzate’ – hanno precisato -. La corda si può spezzare perché il percorso della vita finisce in modo naturale, per il sopraggiungere di un malanno fisico, per incidenti e infortuni, o per opera della natura. Come è avvenuto per il giovane Alpino Renzo Gava, che nella caserma di Gemona, il 6 maggio 1976, alle ore 21, è ‘andato avanti’. A ricordo è stata posta una targa nella pietra, con queste parole: ‘Su nel Paradiso lascialo andare’”.
(Autore: Beatrice Zabotti)
(Foto: Comune e Gruppo Alpini Cappella Maggiore)
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