Si sono ritrovati in tanti oggi ad Anzano di Cappella Maggiore, per festeggiare quello che è diventato un vero e proprio simbolo non solo degli alpini, ma di tutte le persone che del sacrificio e della tenacia hanno fatto un valore fondante della propria esistenza.
Quarant’anni per un mulo equivalgono a più di cent’ anni per una persona, e se Iroso ha potuto tagliare questo prestigioso traguardo lo deve alle eccezionali caratteristiche di cui madre natura lo ha dotato e all’amore con cui è stato accudito da Antonio De Luca e da tutti gli alpini del Reparto Salmerie di Vittorio Veneto.
Una fiaba moderna che è una metafora delle nostre terre, dove spesso si preferiscono i fatti alle parole. Così può succedere che per rendere omaggio al mulo per antonomasia, “soldato Iroso”, stamattina sul piazzale dell’azienda boschiva di Antonio De Luca, arrivi anche il governatore del Veneto Luca Zaia, che subito mette le cose in chiaro: “Il mulo nasce dall’incrocio di un asino con una cavalla e racchiude il meglio delle due bestie, pertanto se vi danno del mulo siatene orgogliosi”.
Al fianco di Zaia, il presidente della sezione Ana di Vittorio Veneto Francesco Introvigne, il generale Renato Genovese, consigliere nazionale Ana, il sindaco di Cappella Maggiore Vincenzo Traetta e il collega sindaco di Vittorio Veneto Roberto Tonon.
Quella di Iroso è una storia bella che si intreccia a quella di uomini come Antonio De Luca, classe 1946, il padrone di Iroso e il salvatore di tanti altri muli che furono messi in vendita dal Comando della brigata alpina Cadore. Tra il 1992 e il 1993, alle aste Antonio ha comprato, salvandoli dalla macellazione, ben tredici muli.
Il soldato Iroso, numero di matricola 212 marchiato a fuoco sullo zoccolo anteriore sinistro, è l’ultimo mulo che è stato in servizio con gli alpini. Antonio De Luca Iroso e gli altri muli li ha salvati sia perché gli servivano per il trasporto della legna nel bosco, ma soprattutto perché da alpino non voleva che i “compagni muli”, finissero nelle mani dei macellai, presenti a tutte le aste con l’intento di fare salami con le povere bestie.
Antonio si è commosso quando ha ricordato la moglie Annamaria, che si alzava di notte ad accudire i muli con lo stesso amore degli alpini. Alla cerimonia era presente il generale Franco Chiesa che all’epoca dei fatti comandava la brigata Cadore. Ad Iroso è stata letta una lettera degli alpini del reparto salmeria della Sezione Vittoriese.
Un atto di amore a un commilitone che non ha mai tradito le attese. Si, perché Iroso non è solo un mulo, è il simbolo di un rapporto fiduciario tra uomo e animale, un rapporto fatto di amore, rispetto e condivisione della fatica. Gli alpini sono gli alpini proprio perché trattano Iroso come uno di loro.
Se poi ci mettiamo insieme persone come Antonio De Luca, che di Iroso è riuscito a farne il simbolo non solo del corpo alpino ma di tutto un territorio, allora nasce una fiaba moderna di quelle da raccontare ai nipoti davanti al caminetto di casa in una fredda sera d’inverno, dove i protagonisti diventano Iroso, Antonio e gli alpini. In che ordine metterli poi non ha nessuna importanza, perché in questa storia, per una volta, i cattivi proprio non ci sono.
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(Fonte: Giancarlo De Luca © Qdpnews.it).
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