«Il 9 ottobre 1963 una catastrofica ondata spazzò via interi paesi e provocò 1.910 vittime. Voi oggi siete onda di vita: grazie per la testimonianza di risurrezione che portate». Con queste parole Papa Francesco ha accolto le comunità del Vajont, che oggi sono state ricevute in udienza privata in Vaticano, in Aula Clementina.
Il pontefice ha ricordato brevemente la cronaca del disastro, commuovendosi per il dolore di chi ha perso tutto nella notte del 9 ottobre di sessant’anni fa, ma anche sottolineando la grande dignità e forza di chi ha voluto ricostruire Longarone dopo la tragedia («Per voi immagino sia accaduto che quel dolore incalcolabile e inenarrabile, come un’enorme lastra di ghiaccio nel cuore, grazie al calore della vostra coesione, alla vicinanza di molti e all’aiuto di Dio, si sia lentamente scongelato, per irrigare poi nuovamente la società. Penso a tutte le gocce silenziose che hanno formato questa grande ondata di bene: ai soccorritori, ai ricostruttori, ai tanti che non si sono lasciati imprigionare dal dolore ma hanno saputo ricominciare. Voi siete artefici e testimoni di questi semi di risurrezione, che forse non fanno molta notizia, ma sono preziosi agli occhi di Dio, “specialista in ripartenze”»). Poi ha citato il Cantico delle Creature di San Francesco, nell’ottavo centenario dalla composizione.
«Gli elementi naturali sono fratelli e sorelle. San Francesco loda l’acqua come “utile e umile“, diventata tremenda nel caso del Vajont, e oggi inaccessibile a molti. Abbiamo bisogno dello sguardo contemplativo di Francesco per riconoscere la bellezza del creato e dare il giusto valore alla natura. Quella natura che non può essere soggetta all’avidità che porta distruzione. Riflettendo sul disastro del Vajont colpisce un aspetto: a causare la tragedia non furono sbagli di progettazione o di realizzazione della diga, ma il fatto stesso di voler costruire un bacino artificiale nel luogo sbagliato. E tutto ciò perché? In ultima analisi per aver anteposto la logica del guadagno alla cura dell’uomo e dell’ambiente in cui vive; così che, se la vostra ondata di speranza è mossa dalla fraternità, quell’ondata che portò disperazione era provocata dall’avidità. E l’avidità distrugge, mentre la fraternità costruisce».
«Il messaggio di Papa Francesco, forte e diretto, è arrivato al cuore della comunità longaronese, una ventata di speranza per il futuro della memoria» commenta il sindaco di Longarone Roberto Padrin, che ha accompagnato la comitiva all’udienza. «Ho percepito una grandissima emozione nei miei concittadini e in tutte le persone che hanno potuto ascoltare il Papa e stringergli la mano. È stata un’occasione per ricordare le vittime del disastro e pregare per loro. Un’occasione per riflettere e per condannare la logica economica che vuole sovrastare la natura e l’uomo».
A margine dell’udienza, la comunità superstite e sopravvissuta ha consegnato alcuni doni al pontefice. In particolare un pastorale in legno intagliato dall’artista Mauro Lampo Olivotto, con l’effige di un pesce, simbolo cristiano. Una maglia del Longarone calcio, in memoria della squadra che venne distrutta dall’onda del 9 ottobre 1963. E alcuni prodotti e sapori locali bellunesi.
Dopo l’incontro con il pontefice, la comunità longaronese ha partecipato alla messa in basilica di San Pietro, celebrata dal vescovo di Belluno Feltre monsignor Renato Marangoni, e concelebrata dai parroci di Longarone.
«La memoria del Vajont, celebrata nel sessantesimo, proseguirà con un progetto formativo che coinvolgerà i giovani, nei prossimi mesi», conclude il sindaco Padrin. «Il futuro, come ci ha indicato Papa Francesco, sta in una visione della natura senza logiche di sfruttamento. Oggi è necessario e urgente ritrovare un rispettoso rapporto tra ambiente e opera artificiale, occorre vigilare sulle possibili conseguenze di ogni azione umana, tecnica e tecnologica sulla natura, approfondendo i nuovi aspetti etici che comporta».
Qui il discorso integrale di Papa Francesco alla delegazione della diocesi di Belluno – Feltre.
(Foto: Vatican Media e Salvatore D’Alia).
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