Sono trascorsi settant’anni da quel 31 luglio 1954 in cui, alle 18, il cortinese Lino Lacedelli (1925-2009) raggiunse il K2, la seconda vetta più alta del mondo dopo l’Everest (al confine tra Pakistan e Cina), assieme alla guida valtellinese Achille Compagnoni (1914-2009).
Furono i primi alpinisti italiani a raggiungere questa ambitissima vetta, in una spedizione senza precedenti.
Lacedelli (di professione idraulico, guida alpina e maestro di sci) venne convocato nel 1953 dal friulano Ardito Desio (esploratore e geologo) per quella che sarebbe stata, a tutti gli effetti, la più grande spedizione del tempo, capace di far riacquistare agli italiani il proprio orgoglio nazionale, durante un secondo dopoguerra molto complesso.
Un’impresa che gli valse la medaglia d’oro al valore civile e la nomina a Cavaliere di Gran Croce, ma che gli provocò anche l’amputazione di un pollice, a causa del congelamento delle dita delle mani.
Una spedizione che contò una trentina di componenti, tra alpinisti, scienziati e guide, oltre naturalmente ad Ardito Desio (capo spedizione), Erich Abram, Ugo Angelino, Cirillo Floreanini, Pino Gallotti, Mario Puchoz, Ubado Rey, Gino Soldà, Sergio Viotto, Guido Pagani (medico), Mario Fantin (fotografo e cineoperatore) e Walter Bonatti.
Un’impresa che portò entusiasmo nel Paese, ma che ebbe nel suo epilogo anche un’aspra polemica, nota come “caso K2”, suscitata dalla ricostruzione degli eventi nella relazione ufficiale di Ardito Desio e chiusa dal Club Alpino Italiano nel 2004, quando venne riconosciuta la versione riportata da Walter Bonatti (il più giovane della spedizione).
Lo stesso Lacedelli, nel suo volume “K2 il prezzo della conquista” riconobbe il giusto merito di Bonatti nel successo dell’impresa.
Bonatti e l’hunza Amir Mahdi portarono le bombole di ossigeno a 8.100 metri, in quello che avrebbe dovuto essere il campo concordato con Compagnoni e Lacedelli.
Lì non trovarono i loro compagni e, di conseguenza, trascorsero una notte terribile, dove l’alpinista pakistano perse tutte le dita dei piedi a causa del congelamento. Un fatto che provocò un dissidio durato decenni, processi e svariati volumi sulla vicenda.
Nonostante ciò, la salita in vetta di Lacedelli e Compagnoni (seguita da una discesa molto complessa) fu un momento di grande orgoglio nazionale, in cui i due alpinisti vennero identificati a tutti gli effetti come degli eroi.
Basti pensare che, a seguito dell’impresa, svariati bar e osterie cambiarono il proprio nome in “K2”, così come fecero anche molte gelaterie.Un’impresa che portò il nostro Paese al centro della considerazione internazionale, mostrando un’Italia capace di organizzare una spedizione, basandosi sul concetto di squadra.
Una notorietà che fu tale tanto che la Nasa chiese di poter utilizzare l’allacciatura ad anello degli scarponi degli alpinisti dell’impresa, da utilizzare per Neil Armstrong nella sua passeggiata sulla Luna del 1969.
La notizia dell’impresa arrivò in Italia tre giorni dopo, il 3 agosto 1954, a seguito di un guasto della radio.
Fu enorme l’attenzione da parte dell’opinione pubblica e della stampa: tra le penne che raccontarono la vicenda, ci fu anche quella del bellunese Dino Buzzati (1906-1972), che ricamò parole appassionate per descrivere la spedizione, poi apparse sulla Domenica del Corriere.
La spedizione sul K2, oltre a essere uno dei momenti più alti nella storia dell’alpinismo italiano, consentì agli italiani di identificarsi in questa stessa impresa, stimolando l’immaginario di un intero Paese. Fu semplicemente un trionfo.
Un trionfo celebrato dalla mostra “Lettere dal K2”, un epistolario tra Lacedelli con amici e parenti, in mostra in anteprima alla Ciasa de Ra Regoles di Cortina d’Ampezzo fino al 2 agosto, mentre dal 5 agosto al 4 settembre al Lagazuoi Expo Dolomiti del Monte Lagazuoi, grazie al Comune e agli Scoiattoli di Cortina.
Ieri sera, invece, in piazza Angelo Dibona a Cortina d’Ampezzo il 70esimo anniversario dell’impresa è stato celebrato con la “Manifestazione in rosso”. Un’impresa che rimarrà sempre nella memoria collettiva nazionale.
(Autore: Arianna Ceschin)
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