“Sai, le persone hanno un peso enorme in un’azienda” spiega con emozione Sandro Dal Bello, in occasione della presentazione in anteprima della sua biografia, a Casa Caldart, assieme a quelli che sono stati per decenni i suoi collaboratori, assieme alla sua famiglia, ai suoi figli e nipoti.
Un racconto il suo che non si limita a ripercorrere l’evoluzione di una realtà che oggi è leader internazionale nel settore della calzatura sportiva, ma che ricorda, in un mondo fatto di contratti, di clausole, di strategie di mercato, i valori originali di una stretta di mano.
Nel passato della Dalbello, profondamente asolana e al contempo oggi “internazionalizzata” dal fondo americano di cui fa parte, ci sono episodi in cui si parla di fiducia reciproca, talvolta cieca, di ostacoli da superare, di ostinazione, di delusioni e di piani b. Il volume, redatto dal giornalista Daniele Ferrazza attraverso numerose interviste all’imprenditore (solitamente piuttosto riservato) e a chi gli è stato vicino, è una testimonianza importante non soltanto per capire come mirare al successo, ma anche e soprattutto come mantenere i propri collaboratori in azienda e renderli partecipi.
“È una gioia grande trovarmi qui con tutti i miei collaboratori – spiega Dal Bello, vedendo una sala gremita di volti amici, dai capi reparto ai commerciali di altri paesi europei – Alcuni di loro hanno lavorato con me fin dall’inizio della fabbrica, quindi oltre sessant’anni fa, entrando in ditta subito dopo le elementari. È una meraviglia dai, guarda: se da noi le persone entrano in fabbrica cantando vuol dire che son contente e che lavorano con l’unico scopo di far crescere l’azienda”.
Avrebbe mai pensato che sarebbe diventata un’azienda così influente nel settore?
“La volontà c’era. Nonostante tutti i problemi che abbiamo incontrato, sentivo dentro qualcosa che mi spingeva a non fermarmi mai e non l’ho fatto. Poi siamo stati fortunati perché avevamo gente valida, però se il prezzo e le persone sono giusti trovi sempre spazio sul mercato, anche se è pieno. Se sei un negoziante e arriva il rappresentante che ti ha servito per tanti anni, senza mai tirar bidoni, con un marchio o un prodotto nuovo, tu lo ascolti e lo provi. Questo vuol dire avere fiducia”.
Ci sono stati dei momenti di difficoltà nei quali avete perso le speranze?
“Mai. La speranza mai. Ricordo che a un certo punto avevamo perso tutto. Avevamo pagato tutti i debiti, fino all’ultimo centesimo, però non ci rimaneva più nulla, nemmeno i campioni. Ma grazie alla fiducia di alcuni – fiducia senza alcuna garanzia, sulla parola – ci siamo risollevati. Questa è la realtà: dove trovi persone così, che hanno lavorato decenni assieme, senza mai un contratto, solamente una solida stretto di mano”.
Era presente alla cena anche Silvio Antiga, della Fondazione Tipoteca e Grafiche Antiga, grande amico di Dal Bello, che ha voluto porgere i propri complimenti a Sandro per il risultato raggiunto: è stato lui a curare la pubblicazione di una parte dei volumi.
L’emozione più grande, dopo il discorso dell’imprenditore e una breve lettura da parte di uno dei nipoti, è stata quando un vecchio modello di scarpone da sci è passato di mano in mano tra i commensali per collezionarne la firma, per poi venir donato a Sandro Dal Bello. “Ricordiamo quando il signor Dal Bello scendeva in produzione a provare scarponi come questo: si muoveva nei corridoi della fabbrica con gli scarponi da sci addosso per capire se fossero comodi e se fosse tutto in ordine”.
Tanti tra i collaboratori della Dalbello già in età pensionabile molti non hanno ancora smesso di lavorare, alcuni hanno aperto nuove attività o aiutano i figli nelle loro. Spiegano così il perché: “Da quando abbiamo finalmente pagato i nostri debiti o da quando insomma abbiamo iniziato a guadagnare qualche soldo, non ci sembra neanche vero di vivere senza pesi sulle spalle – afferma per esempio uno di loro, – così l’idea di lavorare senza dover niente a nessuno ci pare ancora più piacevole”.
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