“Per sviluppare un vaccino occorrono circa 5 anni, si possono prendere delle scorciatoie con il rischio che abbia effetti collaterali o sia inefficiente”, lo ha detto il microbiologo Andrea Crisanti, ospite ieri, martedì 13 ottobre, dell’Università Popolare dei Comuni dell’Asolano a Pieve del Grappa, dove ha tenuto la “lectio magistralis” che ne ha aperto il 25esimo anno accademico.
Quindi quando usciremo da questa situazione? “Ne usciremo – ha detto l’ex commissario per l’emergenza della Regione Veneto – quando avremo farmaci efficaci e un vaccino. Negli ultimi anni la scienza medica ha fatto passi da gigante, sviluppando farmaci contro l’Hiv e altre infezioni come l’epatite C. Tuttavia, per testare un minimo di 150mila persone occorre individuarne 500mila, l’espansione delle sperimentazioni dura 2 anni e mezzo. Per trovare un vaccino efficace e sicuro contro l’Ebola si sono impiegati più di tre anni”.
Il professore, dopo il suo intervento che si è svolto nel teatro del Collegio Santa Maria Bambina messo a disposizione dal Comune, ha risposto alle numerose domande del pubblico raccolte dal presidente dell’Università Popolare, Daniele Ferrazza.
Alla domanda se l’app Immuni possa avere una qualche utilità ha risposto: “Perché sia utile sarebbe necessario che l’80% degli italiani lo utilizzassero, oggi siamo poco più che al 10%”.
Serve il vaccino antinfluenzale stagionale di cui è già iniziata la campagna? “Certamente – ha risposto Crisanti -, serve a non far deviare i risultati dei tamponi Covid 19. Sono 6 milioni i bambini che ogni anno si ammalano d’influenza, una malattia che ha una sintomatologia del tutto simile al Covid 19. È bene ricordare anche che il soggetto asintomatico non trasmette il virus a un’altra persona anch’essa asintomatica, è invece in grado di trasmettere una malattia gravissima”.
Il microbiologo non lascia molte speranze a una rapida soluzione alla pandemia, quindi ci si dovrà abituare a convivere con il virus ancora per diverso tempo.
Secondo il professor Crisanti l’unica strada attualmente percorribile è quella che lui stesso aveva già individuato da tempo e che è stata diffusamente definita il “modello-veneto”: “Servono ingenti investimenti per l’individuazione delle persone infette. In Cina ora stanno meglio di noi perché hanno la possibilità di fare fino a 10 milioni di tamponi al giorno, anche concentrati su una determinata area. Si deve effettuare l’analisi dello spazio di interazione tra le persone, il cosiddetto ‘Network testing’. Proprio studiando quel che è accaduto a Vò Euganeo, è emerso come molti abbiano preso il contagio non dal contatto diretto con un altro malato. È infatti poi osservato che ben il 40% delle persone contagiate non aveva mai sviluppato sintomi, pur avendo la medesima carica virale e capacità di trasmettere il virus”.
“Avremmo potuto fare più sorveglianza attiva sul territorio – dichiara il microbiologo -. È una battaglia che si vince sul territorio impedendo e bloccando la diffusione del virus e si vince nelle università, creando soluzioni innovative. È sorprendente che il Comitato scientifico non abbia il contributo del mondo accademico italiano”.
Sono adeguate le misure di contenimento adottate nell’ultimo Dpcm?: “Difficile dirlo, nessuno sa se basteranno o sarà inasprire determinati aspetti del distanziamento. L’obiettivo è cercare di avere una qualità della vita accettabile e allo stesso tempo avere un livello di trasmissione basso”.
La gente rimane disorientata di fronte ai pareri spesso discordanti tra loro di scienziati e studiosi: “Ritengo sia positivo – risponde il professor Andrea Crisanti – che per la prima volta gli italiani si siano resi conto che gli scienziati hanno delle risposte. Hanno scoperto anche che gli scienziati non vanno d’accordo. Senza questa discordanza non ci sarebbe progresso. Ogni scienziato vede i fatti filtrati dalla propria esperienza. Grave è invece quando questi sono filtrati da particolari interessi”.
(Fonte: Flavio Giuliano © Qdpnews.it).
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