Ammalarsi di polmonite bilaterale e finire in ospedale in pieno agosto, l’esperienza di Angelica: “Il Covid sgretola tante cose, anche le amicizie”

Angelica (nome di fantasia per tutelare la privacy di una lettrice) non avrebbe mai immaginato di ammalarsi in pieno agosto e di essere ricoverata per una polmonite bilaterale mentre la gente discute sul Green Pass o sistema le ultime cose prima di partire per le vacanze.

Purtroppo, gli ultimi dieci giorni li ha passati all’ospedale di Vittorio Veneto, un’esperienza che l’ha segnata molto, mettendo in discussione tanti aspetti della sua vita, amicizie comprese.

Spesso si dice che è proprio nei momenti difficili che si comprende se le persone che ci stanno accanto tengono veramente a noi: Angelica, che al momento non è vaccinata contro il Covid, ha sperimentato questa realtà sulla sua pelle e ora sa che dovrà rivedere alcune priorità della sua vita al suo ritorno a casa.

Prima di ammalarsi, la pandemia aveva già colpito pesantemente la donna, insofferente per le limitazioni nei rapporti sociali.

“Mi è costata tanto la ‘clausura’ per l’emergenza sanitaria – racconta – Per me è stata la fine dei rapporti interpersonali perché avevo tutti gli amici fuori Comune. Per me è stato un grande sollievo con le prime aperture e questa estate ho incontrato nuovamente la mia compagnia. Il 24 luglio sono andata a Jesolo e ho ballato tutta la sera; in macchina l’aria condizionata è andata a manetta, forse troppo”.

Nel giro di tre giorni Angelica aveva avvertito tanta stanchezza e spossatezza e in farmacia, visto il periodo, le avevano consigliato un po’ di magnesio e potassio.

“Nessuna voglia di mangiare – aggiunge – Non riuscivo a mandar giù nulla, neppure l’acqua. Di notte avevo la gola secca e non avevo la forza e la voglia nemmeno di alzare la mano per bere. Poi facevo fatica a respirare e il 2 agosto non riuscivo neppure a camminare. Le mani erano tremolanti e allora mi sono decisa ad andare dal medico di base che mi ha inviato al pronto soccorso di Conegliano, dove mi hanno fatto il tampone molecolare dal quale è risultata una bassa carica batterica. Avevo comunque la polmonite bilaterale”.

I medici le avevano prospettato subito l’ospedale di Vittorio Veneto, ma la donna si era rifiutata perché avrebbe voluto essere curata a Conegliano.

“Il 3 agosto due infermieri, tutti bardati come degli astronauti, sono venuti nella mia camera di ospedale con l’intenzione di portarmi con l’ambulanza a Vittorio Veneto – prosegue – Non volevo muovermi assolutamente, ma un medico molto paziente e rassicurante mi ha convinto. In quel momento ho pensato: ‘Vabbè andiamo nella fossa comune’. Sono arrivata al nosocomio vittoriese e mi hanno messo in una stanza con un’altra donna malata da oltre 15 giorni. Dopo le sue dimissioni dall’ospedale, sono stata due giorni da sola prima che arrivasse un’altra donna, che non parlava italiano”.

Questa esperienza ha fatto riflettere molto Angelica, che ha pensato alla superficialità di alcuni suoi atteggiamenti durante la pandemia.

“Sicuramente da ora in poi starò più attenta agli assembramenti e al rispetto del distanziamento sociale – conclude – Ho chiuso con i baci e gli abbracci, il ‘nemico’ mi sta con il fiato sul collo. Questa pandemia ha evidenziato che il ‘vogliamoci bene’ è solo una bolla. Basta un niente e tutto si scioglie, si disintegra, anche le relazioni. Ringrazio i medici e gli infermieri: per me questa è stata una vera esperienza di vita. In questa occasione ho toccato con mano chi sono gli amici, chi si interessa realmente a me”.

(Foto: per gentile concessione di Angelica).
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