La “mini-naja” in Caserma Montegrappa fa breccia nei giovani: lezioni di coraggio per diventare cittadini attivi e portare avanti la missione dell’Ana

Giù dalla branda alle 6.30, colazione e raduno per l’alzabandiera, poi in marcia, in ordine e a testa bassa, ma fieramente e tutti insieme: una sensazione comune a molti nati prima del 1985, ma anche a quei ragazzi e a quelle ragazze che hanno partecipato per dodici giorni al Campo Scuola degli Alpini a Bassano del Grappa e, in parallelo, a Feltre.

All’ex caserma Montegrappa, l’esperienza della “mini-naja”, così chiamata in richiamo al servizio di leva poi abolito nel 2004, è stata un successo: a dirlo non sono soltanto i volontari dell’Ana e della Protezione civile che hanno prestato servizio, ma le schede di valutazione consegnate ai ragazzi dopo l’esperienza.

“L’ultimo giorno ho visto uno dei ragazzi versare una lacrima di dispiacere” afferma Fabrizio Busnardo, responsabile del campo. “Ai ragazzi facciamo fare una relazione anonima: il gradimento è totale” aggiunge Giuseppe Rugolo, presidente della sezione Monte Grappa.

Dal 21 luglio al 1° agosto, il campo scuola ha avuto il compito di avvicinare 44 ragazzi dai 16 ai 25 anni, provenienti da tutto il Veneto (alcuni dal Friuli-Venezia Giulia, da Torino e dall’Emilia), al senso civico e di cittadinanza attiva, all’autonomia e al coraggio: quegli stessi valori che nel 2004 facevano da argomentazioni a favore del mantenimento della leva militare.

Oltre quaranta i volontari impiegati nell’organizzazione logistica, nel montare e smontare le tende, preparare il rancio e allestire le attività, ma anche nelle spiegazioni teoriche e pratiche del gruppo della Protezione civile: “Per quanto riguarda l’aspetto teorico, era importante far conoscere l’aspetto del volontariato e l’educazione alla cittadinanza attiva, oltre alle attività dell’Ana dedicate alla memoria e al ricordo” continua Busnardo.

C’è stato spazio anche per una visita alla caserma Salsa, dove tra esercitazioni e attività, il gruppo ha incontrato il colonnello Stefano Fregona, comandante del 7° Reggimento. Per favorire l’unità della squadra nei primi giorni hanno collaborato anche alcune professioniste della psicologia: “Era importante che ogni ragazzo ricordasse il nome di tutti i suoi compagni” spiega Busnardo.

L’aspetto pratico ha visto i ragazzi impegnati in un mosaico di attività diverse: dai corsi di primo soccorso alle attività di arrampicata su roccia a Santa Felicita, dalle visite ai luoghi della memoria al biathlon con le carabine a laser, dal coro alla fanfara.

“Uno dei momenti più significativi è stata una simulazione svolta all’interno di un capannone chiuso – racconta il responsabile – Il sito è attrezzato come lo scenario di un incidente ferroviario, con del fumo, vari ostacoli e rumori forti. Dopo un momento di formazione, ai ragazzi è stata data una torcia, una radiolina e una vera maschera antigas: la missione era quella di estrarre in sicurezza una persona ferita. Questo ha fatto sì che i ragazzi sperimentassero cosa significhi trovarsi in una situazione complessa e avere il sangue freddo di reagire attivamente”.

L’iniziativa, per la quale si è complimentato anche il generale Francesco Paolo Figliuolo in occasione della cerimonia di Cima Grappa, potrebbe raddoppiare in futuro. Ad auspicarlo è anche il presidente Giuseppe Rugolo: “Gli Alpini devono garantire un futuro a questo modo di operare. Questa è la strada giusta e di questo dobbiamo occuparci – afferma – Sono onorato che la nostra caserma sia stata scelta come sede di questa iniziativa, oltre alla Zannettelli a Feltre, e mi fa piacere che l’idea sia recentemente mutuata a livello nazionale. I risultati dimostrano che non è vero che i ragazzi non sono positivi, ma che spesso manca loro un punto di riferimento. Qualcuno che voglia stimolare al rispetto e che li abitui a confrontarsi con gli altri”.

(Foto: Ana Montegrappa).
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