“Aziz non lavorava in sicurezza”: i famigliari accusano la Grigolin. La risposta dell’azienda: “Sempre rispettate le normative a tutela dei dipendenti”

Dopo i drammatici fatti di ieri, avvenuti nell’azienda Grigolin di Ponte della Priula, oggi è il giorno della rabbia e delle domande da parte dei famigliari di Aziz Diop, il ragazzo di soli 23 anni che ha perso la vita in seguito a una caduta da diversi metri d’altezza.

Alle 8 di questa mattina un gruppo di rappresentanti delle categorie sindacali Cgil, Cisl e Uil si è incontrato con i vertici della Grigolin per fare il punto sull’applicazione delle norme di sicurezza e per chiarire il più possibile le dinamiche dell’incidente.

Attorno alle 9, davanti ai cancelli di via Ex Bombardieri sono arrivati anche tre cugini del 23enne, di cui due dipendenti dell’azienda e il terzo che ha lavorato per diversi anni per la Grigolin.

I familiari, affidandosi alle parole di Modou Diop, cugino di Aziz, hanno riportato la loro versione dei fatti. Versione che sembra a tratti discordante da quella rilasciata ieri da Enrico Feletto, avvocato dell’azienda.

“Eravamo andati a mangiare – spiega il familiare – e pensavamo che anche Aziz stesse pranzando perché solitamente va in pausa dalle 12 alle 13”.

Purtroppo Aziz non era in pausa ma era caduto da un’altezza tale da non avergli lasciato scampo. Sarà compito dello Spisal stabilire le cause della morte e per ora non si esclude che il giovane possa essere precipitato anche a causa di un malore.

“A trovare il corpo esanime del giovane è stato un dipendente che lavora nella sala di controllo – continua Modou -, mentre l’ultimo a parlare con Aziz è stato lui, attorno alle 10.30” afferma indicando un altro cugino.

Stando a quanto riportato dalla famiglia, il dipendente addetto alla sala di controllo avrebbe iniziato ad urlare una volta visto il corpo, attirando l’attenzione anche di Cheikh Anta Diop, padre del ragazzo che lavora alla Grigolin dal 1994 e che si sarebbe precipitato immediatamente nel luogo della tragedia trovando il corpo del figlio senza vita.

Da quel momento il padre si è chiuso nel dolore: anche oggi non ha avuto la forza di incontrare i sindacati, nonostante sia un loro associato da diversi anni.

La famiglia Diop parrebbe non credere all’ipotesi che il giovane Aziz sia caduto a causa di un malore: “Erano due giorni – continua il cugino – che Aziz stava pulendo con l’idropulitrice la zona dei forni dove si produce la calce: quella era una zona pericolosa perché non c’era nessun tipo di protezione. Lui era assunto come manutentore, ma di fatto faceva solo pulizie. Non si trovava su una scala, ma su una zona fatta di lamiera, per di più resa molto scivolosa dall’acqua utilizzata per la pulizia ed era senza protezioni, senza essere legato e senza caschetto protettivo”.

“Dispiace che un giovane di 23 anni debba morire così – accusa il cugino con la voce rotta dalle lacrime e arrabbiato per la perdita del familiare -, noi negri, così ci chiamano ‘quelli alti’ stiamo morendo, noi che qui facciamo lavori pericolosi. Anche io se devo chiedere un paio di scarpe devo aspettare due mesi, devo comprarmele per continuare a lavorare. È una cosa giusta secondo te? – chiede ai sindacalisti presenti -. Qua noi neri lavoriamo in questo modo, ci sfiniscono e poi ci mettono da parte. Aziz era già morto da tre mesi, prima di ieri, perché faceva un lavoro molto pesante. Tutto il giorno con il badile a fare pulizie”.

Stando a quanto riportato dai familiari, Aziz era un ragazzo magro e la caduta potrebbe essere stata favorita dalla stanchezza e dalla forza dell’acqua dell’idropulitrice che stava utilizzando: “Aveva iniziato lavoro alle 7 – conclude uno dei Diop – e, se si va a vedere dove è successo, non era su una scala ma in una zona senza parapetto”.

Fornaci Calce Grigolin spa unitamente a tutta la famiglia Grigolin ed in particolare il signor Maurizio Grigolin, legale rappresentante della società, esprimono, ancora una volta, il più profondo e sincero dolore per il tragico evento occorso al loro dipendente Aziz Diop, deceduto nella giornata di ieri.

La società tiene particolarmente a sottolineare che “la comunità senegalese, come le altre nazionalità presenti in azienda è sempre stata agevolata nell’inserimento non solo lavorativo ma anche nella collettività, fornendo loro, oltre all’occupazione, anche un’abitazione e la possibilità di ricongiungimenti familiari”.

“Si rappresenta infatti che il primo componente della famiglia Diop impiegato (ora in pensione e rientrato nel proprio Paese d’origine), è stato assunto oltre 30 anni fa e nel corso degli anni sono stati circa 15 i familiari che hanno lavorato in azienda – prosegue la nota aziendale -. Segno tangibile, questo, che le condizioni di lavoro e di vita offerte da Fornaci Calce Grigolin S.p.A. sono state nel corso degli anni positivamente riconosciute dai lavoratori, il cui rapporto con la proprietà è stato sempre improntato alla massima collaborazione e comprensione”.

Sulla dinamica del sinistro si ritiene maggiormente rispettoso nei confronti dell’Autorità Giudiziaria non esprimere, per il momento, alcuna valutazione – prosegue la comunicazione della Grigolin -, in attesa degli esiti dei dovuti accertamenti disposti“.

La società comunica di aver affidato all’avvocato Fabio Pinelli, del Foro di Padova, e all’avvocato Enrico Feletto, del Foro di Treviso, l’incarico di assisterla e non rilascerà pertanto, allo stato, ulteriori dichiarazioni sulla vicenda.

E’ doveroso precisare, infine, in ogni caso, che l’azienda ha sempre integralmente rispettato tutte le normative poste a tutela della salute e sicurezza dei propri dipendenti negli ambienti di lavoro – termina la nota aziendale -, la cui salvaguardia costituisce, senza tema di smentita, un’assoluta priorità per la proprietà“.

Anche i sindacati si sono domandati fin da subito come, in base alla versione fornita dal legale dell’azienda, un ragazzo possa cadere nonostante la protezione di un parapetto alto un metro e dieci.

“Bisogna cambiare la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro – afferma Mauro Visentin, segretario provinciale della Cgil di Treviso – pensando che prima debbano venire la sicurezza, la salute e la salubrità e successivamente il profitto, il fatturato e la produzione”.

Le tre sigle sindacali presenti hanno voluto stringersi attorno alla famiglia Diop lasciando un mazzo di fiori bianco vicino all’ingresso dell’azienda teatro del tragico incidente.

I vertici dell’azienda si sono dimostrati disponibili al confronto – continua Visentin – e nell’organizzare per la prossima settimana un’assemblea sulla sicurezza. Abbiamo effettuato un sopralluogo dove c’è stato l’incidente, scoprendo un problema di sicurezza. Se c’è stato un incidente vuol dire che qualcosa non è andato per il verso giusto. Trovo stucchevole che i suoi colleghi, tranne quelli che abitavano assieme, non si siano neanche fermati per capire il motivo del presidio dei sindacati”.

“Credo che questo la dica lunga sul clima che c’è in azienda. Io credo che chi ha in mano le indagini debba andare fino in fondo, senza nessun tipo di sconto perché c’è in ballo la vita di un giovane – conclude Visentin -. Queste dinamiche (riferendosi ai pesanti appellativi che a detta della famiglia venivano usati contro i senegalesi, ndr) devono essere completamente verificate da parte di chi ha la disponibilità di tutti gli elementi, c’è anche da dire che qualsiasi accusa va comunque presa con le molle perché entra in gioco anche il tema dell’emozione”.


(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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