Una medaglia d’onore per Antonio Baldo, cittadino cavasotto scomparso il 27 ottobre 2007 a 90 anni: l’onorificenza è stata consegnata ieri alla moglie Bruna Menegazzo dal sindaco Gino Rugolo, alla presenza dei figli, di assessori e di consiglieri comunali e delle principali associazioni d’Arma locali.
Premiata una gioventù trascorsa in balia degli eventi del Novecento, dalle conseguenze della Prima Guerra Mondiale ai cruenti fatti del secondo conflitto: in particolare, Baldo visse nel 1943 l’esperienza della deportazione in un campo di prigionia tedesco, dove fu fortunatamente destinato al lavoro nei campi, salvandosi da un destino probabilmente ben peggiore.
Di quel periodo, alla cerimonia si è raccontato di un lungo e sfibrante viaggio in treno, da Ragusa a Düsseldorf, dove Baldo assieme ai commilitoni (faceva parte del 55esimo Fanteria Marche) fu trasportato come prigioniero a causa del “defolc” dell’8 settembre.
Come tutti, Antonio era stato chiamato al servizio militare nel ’37 ed era stato vittima di quel grande momento di confusione politica che ha interessato l’Italia a metà della guerra: nella sua casa di Caniezza gli piaceva suonare il sassofono e assieme al fratello Fortunato (ne aveva tre) faceva parte della banda musicale.
Un dettaglio interessante, ben sviluppato anche grazie alla collaborazione del professor Giancarlo Cunial, riguarda il periodo di lavori forzati in Germania: “A lavorare nei campi assieme a lui c’erano anche un francese, due donne polacche e una russa: di queste ultime tre una era una principessa. Indossava come cappotto una coperta con due buchi per le braccia”.
A raccontare la vita del medagliato, con tanto di documentazione fotografica, è stato suo figlio Gianni: “Mio padre non ha fatto atti eroici o cose eclatanti ma è stato coinvolto in un periodo grave e tragico per la storia della nostra nazione. La domanda che ci poniamo è come hanno fatto i nostri genitori a sopportare e superare queste sofferenze, a ripartire e ricostruire il Paese“.
Dopo la liberazione nell’ottobre del ’45, Antonio decise di emigrare all’estero: andò in Svizzera e poi in Venezuela a periodi alterni, per poi tornare, sposarsi e ristabilirsi nel ’57 come muratore una volta per tutte a Cavaso, là dove era nato.
“Da giovane Antonio ha avuto una vita difficile – ha commentato la signora Menegazzo, ricevendo il premio dal sindaco – ma gli ultimi decenni siamo stati felici”.
Il consigliere comunale Loris Ceccato, che ha presentato e moderato la breve cerimonia ha anche aggiunto: “L’amministrazione di Cavaso si impegnerà a richiedere la medaglia d’onore per tutti i cittadini, purtroppo non più presenti, che abbiano vissuto in prima persona la tragedia della Seconda guerra mondiale attraverso un campo di prigionia“.
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