Nel primo fine settimana di luglio, la Squadra Mobile di Treviso ha eseguito tre ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di altrettanti soggetti, individuati quali mandante e intermediari nell’incendio che l’anno scorso vide coinvolta la carrozzeria Roggia di Via Postumia a Treviso.
In particolare, a seguito dei due arresti effettuati a novembre, sono continuate incalzanti le attività investigative della Polizia di Stato, con l’obiettivo di individuare l’intero gruppo malavitoso che ha pianificato, organizzato ed eseguito il fatto criminoso che nel precedente mese di giugno provocò alla suddetta carrozzeria danni quantificati in più di 650mila euro.
Le misure di custodia sono state eseguite nei confronti del pluripregiudicato T.B., già arrestato a novembre insieme al presunto esecutore materiale dell’incendio, nonché nei confronti del soggetto che è stato individuato quale reale mandante del delitto, G.S., quarantasettenne trevigiano e incensurato nonché di F.C., cinquantasettenne incensurato anch’egli del capoluogo, il quale avrebbe cooperato come intermediario nell’organizzazione del grave fatto incendiario.
L’articolata e complessa attività investigativa, coordinata dal sostituto procuratore Anna Andreatta, ha permesso – rende noto la Questura di Treviso – di individuare tutti i soggetti coinvolti nella commissione del reato, nonché di distinguerne le varie posizioni, offrendo un complesso quanto chiaro quadro probatorio all’Autorità giudiziaria, che ha così emesso le ordinanze di custodia cautelare in carcere.
L’intera vicenda, secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori della Questura, è da ricondurre a rancori familiari che, nella distorta visione del mandante, giustificavano il ricorso ad atti intimidatori, rivolgendosi a soggetti malavitosi i quali, dietro compenso di denaro, avrebbero dato concreta attuazione all’azione incendiaria.
Secondo gli inquirenti, il presunto mandante stava pianificando un nuovo atto intimidatorio nei confronti di taluni familiari, commissionando questa volta un’aggressione di tipo fisico. Pertanto, l’adozione di misure restrittive della libertà personale si è resa necessaria in quanto, oltre a sussistere il pericolo di inquinamento probatorio, sussisteva un concreto pericolo di reiterazione del reato, che avrebbe portato verosimilmente a fatti di violenza ben più gravi.
(Foto: Vigili del fuoco).
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