La violenza della guerra non guarda in faccia nessuno: “Hanno violato le tombe e profanato sconciamente le salme”

“Da tre giorni il municipio è convertito in caserma, i suoi portici e l’atrio della chiesa sono adibiti a stalle” (12 novembre 1917).

“Il conte di Collalto ebbe l’orrenda scoperta di trovare manomesso il sarcofago di famiglia e si trovò di fronte la salma profanata della madre” (2 aprile 1918).

Sono frasi cariche di dolore e di ribrezzo, frasi tratte dal diario di Caterina Arrigoni, profuga appartenente alla ricca borghesia di Valdobbiadene

 La violenza di una guerra annebbia la vista, toglie il respiro, elimina ogni lato umano, uccide la morale. Nulla sopravvisse alla Prima guerra mondiale, nemmeno i luoghi sacri come i cimiteri e le chiese, ogni pezzo di terra della Sinistra Piave andava difeso o distrutto ad ogni costo.

Grande guerra Segusino

Non è un unicum nella storia; basti pensare a quanto accadde durante la Seconda guerra mondiale. Due episodi tra tutti: il catastrofico bombardamento alleato di Montecassino e le stragi naziste di Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema, con centinaia di civili uccisi anche se si erano rifugiati nelle chiese o nei cimiteri.

Nel diario della profuga Caterina Arrigoni sono innumerevoli gli episodi di violenza contro i luoghi di culto. Ne vengono riportati alcuni particolarmente incisivi:

“La chiesa non è più stata ripulita e al suolo giacciono materassi imbrattati e larghe chiazze di sangue macchiano il pavimento” (18 novembre 1917).
“Don Vettoretti trovò il calice della Madonna del Caravaggio nel letamaio di casa sua, la magnifica pianeta di Valdobbiadene fu raccolta nel fango di Ron, le fodere di seta sono servite da pezze da piedi, il nostro splendido baldacchino fu visto coprire il letto di un ufficiale ungherese, il piviale delle solennità fece da gualdrappa ad un mulo. Questi tristi fatti, comuni ai germanici, furono rari fra gli austriaci” (29 marzo 1918).

Grande guerra San Vito di Valdo 2

“Ebbi oggi il maggior dolore di questi mesi. Oh, nostri santi defunti, anche il vostro sonno eterno è stato turbato! Il cimitero è diventato un campo di lotta, le tombe ridotte a trincea, le casse esposte alle intemperie. Buon Dio, fate che non sia vero! Almeno questo, almeno questo”. (27 aprile 1918)

Purtroppo, le notizie incerte che le erano giunte a Cozzuolo di Vittorio Veneto erano vere. Al suo ritorno a Valdobbiadene, il 7 novembre 1918, Caterina Arrigoni scrive:

“Ho la morte in cuore. Non è perché non abbiamo più nulla né perché il nostro paese è irrimediabilmente distrutto.
Di tutto ciò avevo accettato il sacrificio, ma c’è una cosa sola cui non seppi mai rassegnarmi: i barbari hanno violato le tombe, tagliato le casse di zinco, profanato indegnamente e sconciamente le salme di mia madre e dei miei avi! ”
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Grande guerra Valdobbiadene

(Fonte: Luca Nardi © Qdpnews.it).
(Foto: per gentile concessione di Luca Nardi)
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