La comunità coneglianese e non solo è ancora scioccata per quanto accaduto domenica 2 maggio in piazza Cima. È giusto che lo sia, perché un pestaggio in pieno centro alle tre del pomeriggio di una soleggiata domenica non deve passare inosservato – e non solo alle forze dell’ordine.
Sicuramente un elemento di novità è proprio questo, il fatto che sia successo alla luce del sole, davanti a moltissimi testimoni seduti nel salotto buono coneglianese a godersi il pomeriggio. Solitamente la violenza serpeggia di notte, cerca di nascondersi; perché allora questi sette – e probabilmente più – ragazzi non hanno voluto rimandare questa spedizione punitiva con tanto di mazze e manganelli?
Tra le tante risposte che possiamo darci c’è quella di una normalizzazione della violenza. Del resto, se dobbiamo dare retta a Thomas Hobbes – filosofo inglese del primo Seicento – antagonismo e prevaricazione sono componenti naturali umane nel cosiddetto “stato di natura”, cioè in assenza di leggi. L’individuo è un lupo per un altro individuo – homo homini lupus – è la famosa massima che per l’occasione Hobbes prende in prestito dalla commedia latina. A questa natura violenta però secondo il filosofo la specie umana può far fronte con la cultura, che dà struttura, norme e legge ai rapporti tra individui “domando” gli istinti violenti.
Partendo da Hobbes il sociologo tedesco contemporaneo Wolfgang Sofsky fa un passo ancora oltre, sostenendo che la cultura moltiplica il potenziale della violenza dandole motivazioni, idee e talvolta anche istituzioni. Questo accade quando la cultura viene imposta e conservata essa stessa con la violenza, offrendo nuovi mezzi di distruzione. In questo senso quindi, la violenza sarebbe inevitabile.
Ma è davvero così grigia la situazione? Forse no. Un’àncora di salvezza ce la lancia Pëtr Kropotkin che nel 1902 scrive una splendida opera: Il mutuo appoggio. Un fattore dell’evoluzione. Secondo l’intellettuale russo competizione e solidarietà sono ugualmente insite nella natura umana ma troppa enfasi si è data alla prima a scapito della seconda. Sono tantissimi gli esempi nella storia umana e anche nel mondo animale a dimostrare che solo attraverso il cosiddetto “mutuo appoggio” e lo sforzo collettivo Homo sapiens ha potuto evolvere. Lo ha fatto incanalando e rilasciando nel modo giusto le proprie energie individuali.
Di energia i ventenni del raid punitivo di Conegliano ne hanno certamente tanta e – al netto delle motivazioni alla base dell’atto – c’è sicuramente un fallimento della società nel modo in cui queste energie sono state liberate.
Ricordiamo a questo proposito il pensiero di Hobbes, secondo il quale è lo Stato a dover mitigare la violenza naturale attraverso il sistema sociale. È indubbio infatti che il mondo degli adolescenti e dei giovani sia sempre più attraversato da una crisi esistenziale e un vuoto di senso a cui ancora non si riesce a dare risposta; così li si lascia aderire a quel modello dominante e vincente fatto di prevaricazione e di appagamento del piacere, che si risolve in molteplici vie.
Anche l’apparente motivo del pestaggio, ovvero la ragazza contesa, non fa che confermare questo modello perché nel “contendersi” una ragazza si cela l’idea della donna come oggetto da possedere, a tutti i costi.
Come trattare allora con i ragazzi individuati e arrestati? Sicuramente non dimenticando di ascoltare, indagando a fondo i motivi, andando alla radice del loro pensiero. Parafrasando un altro grande autore della storia, Goethe, evitando di trattarli semplicemente per quello che sono, perché altrimenti rimarranno così; vanno invece trattati per come potrebbero essere, e solo così diventeranno ciò che potrebbero e dovrebbero essere. Senza “imporre una cultura”, per non rischiare di ricadere nella teoria di Sofsky, ma ascoltando e accompagnando la tensione solidale – altrettanto naturale – insita in ciascuno di loro.
(Fonte e foto: La Chiave di Sophia).
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