Scoperte due croci di confine. Paolo D’Amico: “Risalgono alla metà dell’Ottocento”

Da sinistra, le croci rinvenute e Paolo D'Amico nel corso di una sua escursione

Ci sono storie che non tutti conoscono e che, per casi fortuiti, emergono quasi per caso.

Storie rimaste nascoste nel tempo, protette dalla natura dell’ambiente circostante, ma che racchiudono vicende, usi e abitudini di un passato irrimediabilmente trascorso.

Una considerazione che emerge dalla vicenda che vede come protagonista Paolo D’Amico, ampezzano doc, maestro di sci, profondamente appassionato del proprio territorio e della storia locale il quale, tempo permettendo, non disdegna di esplorare l’ambiente che lo circonda e le “sue” montagne.

E proprio durante queste sue esplorazioni nel territorio di Cortina d’Ampezzo, è avvenuta una scoperta di una certa rilevanza: due croci, seminascoste, che fungevano da cippi di confine, entrambe databili presumibilmente alla seconda metà dell’Ottocento.

“Durante il periodo del Covid mi sono concentrato sulla mia passione per la storia locale: preciso di non essere uno storico, ma sono tematiche che mi interessano – la premessa fatta da D’Amico – Mi sono interessato, in particolare, della questione dei cippi di confine, difficili da trovare e simbolo delle lotte tra la Serenissima e l’Austria asburgica: quelli erano tempi di grandi contrasti”.

D’Amico ha citato quindi le vicende che portarono Maria Teresa D’Austria e il doge Francesco Loredan alla decisione di posizionare questi cippi di confine verso la metà del Settecento: uno strumento simbolo di quelle che furono le lotte territoriali presenti all’epoca, a cui si tentava di porre rimedio in questa maniera.

Sono svariati questi cippi nel territorio e D’Amico li ha visti e tracciati quasi tutti – gliene mancano una decina all’appello – tanto da voler realizzare un libro sulla questione.

Proprio lui sulla vetta del Becco del Mezzodì ha rinvenuto queste due croci, scolpite nella roccia.

“Ho scoperto queste due croci nel periodo autunnale, grazie anche a un mio amico che è una guida alpina, con il quale siamo saliti in cima – ha raccontato – Sotto un cosiddetto ‘ometto di sasso’ sono emerse le due croci: una doppia e un’altra più piccola, che servivano per limitare i confini del territorio. Una è disegnata a base larga e l’altra più netta”.

“A differenze di altre, queste erano prive di data, ma è possibile stabilire che entrambe risalgono alla metà dell’Ottocento: la cosa interessante è che, finora, anche nei libri che ho consultato, non erano mai state segnalate – ha spiegato – Spesso, queste croci e, più in generale, i cippi di confine sono coperti da muschi oppure si trovano in zone impervie, poco battute o in insenature”.

D’Amico ha riferito poi, che in alcuni casi, certi cippi di confine sono stati al centro di ruberie.

“Alcuni cippi presentavano degli scudi in rilievo, con il simbolo del leone marciano o con quello dell’impero asburgico, che nel tempo sono stati rubati – ha spiegato – Credo che potrebbe essere interessante lì sistemare delle riproduzioni, basandosi sui solchi lasciati da quelli rubati. Per questo mi permetto di lanciare un appello magari alla Regione Veneto in questo senso, trattandosi di un patrimonio storico del territorio”.

“Credo che il territorio delle nostre montagne, al di là delle vicende dei due conflitti mondiali, sia ricco di tanta storia che merita di essere raccontata”, ha concluso.

(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto: per gentile concessione di Paolo D’Amico)
(Articolo di proprietà di Dplay Srl)
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