In questo tempo particolare d’inizio del dodicesimo mese dell’anno, ormai dentro il periodo che guarda alle festività natalizie e al nuovo anno, il sentimento dell’attesa sembra diffondersi con spontaneità e naturalezza tra le persone, proprio nella previsione degli importanti eventi comunitari ormai prossimi ad accadere.
E’ come se il sentire collettivo fosse tutto orientato ad alimentare e a condividere il senso degli avvenimenti importanti delle prossime settimane, in un dinamismo di iniziative, attività e preparativi mirati tutti alle prossime scadenze, spartiacque di calendari e progetti di vita personale. E’ come se in questa fase, assecondata da meccanismi comunicativi ormai collaudati, in stretta sintonia, riscoprissimo tutti il sapore e la pregnanza del saper attendere, vigilare, aspettare, proiettati verso il futuro che sicuramente avrà effetti di novità sulle esistenze di tutti e di ciascuno.
Ripeto: la piacevolezza dell’attesa, mentre molti aspetti del nostri percorsi quotidiani sembrano invece orientarsi in tutt’altra direzione, ammaliati dal “tutto e subito”, dal rifiuto di ogni prospettiva differita, dall’immediato consumo di ogni azione che potrebbe avere invece un suo tempo adeguato, una sua collocazione ottimale più avanti, un suo significato pieno senza anticipazioni brusche e frettolose. In altre parole, parliamo dell’unico periodo dell’anno nel quale siamo disposti a rispettare in qualche modo, pazientemente, le date e lo spirito delle feste che verranno, dentro appunto una stagione che anche nella tradizione religiosa si chiama Avvento.
Ci aiuta molto in questi pensieri la bella riflessione che il cardinale Ravasi dedica a questo tema sul suo breviario laico “Le parole e i giorni” partendo dalla citazione del romanziere francese Jules Renard: “Se si vuol costruire la casa della felicità, ci si ricordi che la stanza più grande deve essere la sala d’attesa”. Si tratta di un riferimento davvero interessante, che mette in relazione la possibile edificazione dell’edificio della felicità con l’adeguato approntamento della stanza tutta dedicata all’attesa, addirittura con dimensioni superiori a quelle di tutti gli altri locali di questa abitazione speciale. Tradotto: serve il senso della preparazione, serve la capacità di guardare avanti senza bruciare subito le tappe dei programmi a scadenza media e lunga, serve allenare la nostra mente e il nostro cuore rispetto al tempo che verrà, senza pensare che le soluzioni siano immediate e che tutto possa risolversi nella contingenza breve, come in una gara di velocità.
Se in effetti guardiamo in profondità alla verità e alla naturalità del creato e dell’umanità, possiamo avere eloquenti conferme almeno in due casi assolutamente non contestabili: il ciclo e il ritmo delle stagioni e delle produzioni in agricoltura, e il tempo della gravidanza per la nascita di un figlio. In entrambi i casi, ci sono dimensioni temporali da rispettare, adempimenti da compiere in maniera prestabilita, attenzioni da prestare con giuste modalità, verifiche e controlli da mettere in atto con scrupoloso rispetto dell’esito conclusivo, che non sarà oggi, ma domani. Certo, si obietterà che la nostra vita oggi non è compresa entro il perimetro di queste due grandi espressioni vitali, e che la velocità delle nostre azioni e delle richieste continue in arrivo dai ritmi vertiginosi della nostra contemporaneità non ci consentono di aspettare. A tutto va dato risposta, subito, immediatamente, in tempo reale, come ci insegnano le nuove tecnologie del digitale e della comunicazione social. Anzi, se proprio vogliamo essere sinceri, all’idea della sapiente e operosa accettazione del tempo che verrà, in fase di gestazione, non abbiniamo volentieri l’immagine della sala d’attesa, che evoca treni in ritardo, lunghe code da smaltire, interlocutori poco affidabili e poco rispettosi degli orari degli appuntamenti, snervanti file in cui qualcuno dimentica spesso le regole elementari della buona educazione.
Eppure, non c’è alternativa: dobbiamo trovare buone ragioni per ricordare a noi stessi, e agli altri, che comprendere e gestire l’attesa è un fattore essenziale per abitare la vita con serenità e saggezza, per eliminare tutti gli elementi di stress, fatiche e possibili delusioni, per mettere basi solide alle costruzioni e alle manutenzioni delle nostre esistenze, per porre con sguardo di lungimiranza i nostri obiettivi e traguardi, per studiare e comporre con idonea conoscenza e competenza i contenuti delle nostre progettualità future. Insomma, non si tratta di attendere sottraendoci agli impegni della vita, di essere rinunciatari, di desistere dalle opere che fanno parte della nostra umanità quotidiana. Al contrario, si tratta di evitare frettolosità immotivate, rapidità inutili e decisioni improvvide che potrebbero compromettere l’ottenimento del felice equilibrio e delle giuste soddisfazioni personali.
Come detto, sicuramente non è facile trovare l’equilibrio che sarebbe necessario in questi casi, presi come siamo dal vortice degli impegni e delle preoccupazioni quotidiane che ci invitano a risposte brucianti e a determinazioni costanti e immediate, su quello che esiste, non su quello che è ancora da venire e ci pare sufficientemente lontano. Invece, attitudine alla lungimiranza del tempo e senso della speranza accompagnano la fase dell’attesa, che si nutre proprio della nostra intelligenza del futuro e dei nostri sentimenti migliori, che non vanno persi nella stretta contingenza, ma salvaguardati in vista della novità che siamo chiamati a realizzare per migliorare noi stessi e il mondo che ci circonda, guardando alla vita buona, convinti del valore del nuovo umanesimo.
(Autore: Redazione Qdpnews.it)
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