Recuperiamo dai vecchi ceppi le caratteristiche fondamentali per garantire il futuro della viticoltura

Diego Tomasi, direttore del Consorzio di tutela del Prosecco Conegliano Valdobbiadene Docg

Torniamo sull’argomento “vecchie viti”: nel cuore delle colline di Rua di Feletto, lungo la strada Castella, l’aspetto e il patrimonio genetico di questi vecchi ceppi sono molto importanti, infatti fino agli anni ’50 era pratica comune innestare le viti prelevando le gemme dai migliori ceppi che c’erano nel vigneto.

Pratica andata totalmente in disuso tra gli anni ’70 e ’80, anche perché la legge iniziò ad obbligare all’uso di cloni per salvaguardare l’aspetto sanitario, in quanto il clone per poter essere tale deve essere totalmente esente dai principali virus dannosi per la vite. Negli anni ’80, ’90 e 2000 – ricorda il direttore del Consorzio Conegliano Valdobbiadene del Prosecco Docg Diego Tomasi – sono stati utilizzati cloni selezionati con il vantaggio di avere particolari caratteri come l’aspetto produttivo, qualitativo e sanitario.

Oggi ci troviamo ad avere ulteriori necessità, in quanto dobbiamo individuare delle nuove selezioni clonali che possano anche soddisfare la sostenibilità, quindi con una maggiore attenzione al cambiamento climatico e agli aspetti sanitari.

Questo ceppo di oltre cent’anni (cfr. video) possiede un patrimonio genetico quasi scomparso, perché è l’unico ceppo rimasto in un vigneto di quasi un ettaro, e quest’anno ha manifestato una tolleranza quasi totale nei confronti del ragnetto.

Se le nuove necessità riguardano una maggior sostenibilità, e quindi la necessità di ridurre i trattamenti e di ridurre l’impatto degli agrofarmaci sulla conduzione del vigneto, questo può essere un ottimo esempio per dire “partiamo da questo ceppo sfruttando la sua adattabilità all’ambiente ma soprattutto la sua tolleranza nei confronti di questa particolare aggressione”. Si va così a individuare una linea con caratteristiche positive come lo zucchero, l’acidità e il grappolo che sono nella normalità, e che tollera anche il ragnetto giallo.

Dobbiamo quindi soffermarci sulla capacità che ha la vite, insieme a tutto il mondo vegetale, di adattarsi all’ambiente e alle condizioni di cultura in cui si trova, incarnandosi con l’ambiente. Un esempio è proprio questo ceppo di oltre cent’anni: nel corso della sua lunghissima vita ha selezionato questa sua capacità di resistenza nei confronti del ragnetto.

Il futuro della viticoltura è proprio questo: cercare di recuperare questa grande variabilità genetica, che oggi si presta ad essere ancora maggiormente valorizzata viste le nuove necessità del mondo viticolo.

L’appello a tutti i viticoltori è quello di non togliere i vecchi ceppi se non prima di averli osservati con cura per almeno qualche anno, stando ben attenti alle loro differenze rispetto al resto della popolazione del vigneto. In modo semplicissimo si possono recuperare le gemme, si portano successivamente da un vivaista andando così a recuperare qualcosa che altrimenti andrebbe perso per sempre.

“Questa è la nuova selezione clonale, queste sono le nuove esigenze, dettate dal cambiamento climatico e dalle necessità di ridurre i trattamenti così da garantire un futuro alla nostra viticoltura” conclude il direttore Tomasi.

(Autore: Matteo De Noni)
(Foto e video: Matteo De Noni)
(Articolo, foto e video di proprietà di Dplay Srl)
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