I crediti di biodiversità si stanno affermando come una nuova frontiera nella lotta alla crisi ambientale globale, offrendo una prospettiva innovativa per coniugare economia e conservazione della natura. Un recente policy brief pubblicato dalla Circular Bioeconomy Alliance che trovate qui mette sotto la lente d’ingrandimento questo strumento emergente, evidenziandone potenzialità e criticità.
Nel contesto attuale, dove il modello di sviluppo economico sta causando una drammatica perdita di biodiversità, questi crediti rappresentano un tentativo di creare un ponte tra il mondo degli affari e la conservazione ambientale. Si tratta di uno strumento che permette alle aziende private di investire direttamente in attività di ripristino e conservazione della natura, generando benefici misurabili per la biodiversità.
Il concetto si basa sulla trasformazione dei risultati ambientali in unità commerciabili, seguendo in parte l‘esempio dei crediti di carbonio. Tuttavia, l’esperienza passata con strumenti simili suggerisce cautela. Molti progetti di compensazione ambientale hanno infatti prodotto risultati deludenti, spesso per la mancanza di rigore nella valutazione dei benefici reali e per l’assenza di un monitoraggio adeguato.
Attualmente esistono 34 schemi di crediti di biodiversità in varie fasi di sviluppo nel mondo. L’entusiasmo è tangibile, soprattutto nei paesi anglofoni, e le nuove tecnologie stanno facilitando la misurazione dei benefici ambientali. Rispetto ai mercati del carbonio, si nota anche una maggiore attenzione alle comunità locali e ai popoli indigeni.
Tuttavia, gli esperti identificano diverse aree critiche che necessitano di attenzione. Molti schemi si concentrano più sulle attività svolte che sui risultati effettivi, mentre la mancanza di trasparenza nelle valutazioni di base rischia di portare a una sovrastima dei crediti generati. Inoltre, l’assenza di una supervisione esterna efficace lascia il mercato principalmente all’autoregolamentazione del settore privato.
Per garantire che i crediti di biodiversità diventino uno strumento effettivamente utile per la conservazione della natura, gli esperti suggeriscono di adottare un approccio basato su dieci principi fondamentali. Questi includono la necessità di mobilitate finanziamenti verso aree realmente prioritarie, l’adozione di standard globali rigorosi, e l’implementazione di sistemi di valutazione dell’impatto ambientale e sociale.
È cruciale che questi crediti integrino, senza sostituire, le normative esistenti sulla protezione ambientale. Inoltre, il successo dell’iniziativa dipenderà dalla capacità di garantire una distribuzione equa dei benefici con le comunità locali e dall’implementazione di strategie di conservazione efficaci nel lungo termine.
Il futuro dei crediti di biodiversità appare promettente, ma il loro successo dipenderà dalla capacità di evitare gli errori commessi con i mercati del carbonio e gli offset ambientali. Solo attraverso l’adozione di standard rigorosi, trasparenza nelle operazioni e una governance solida, questo strumento potrà generare benefici concreti e duraturi per la natura e le comunità locali. La sfida è complessa, ma rappresenta un passo importante verso la creazione di un’economia più sostenibile e in armonia con la natura.
(Autore: Paola Peresin)
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