Nei primissimi secoli dopo il Mille nel luogo in cui ci troviamo sorgeva un piccolo ospedale intitolato a San Leonardo. È probabile che accanto avesse, come di consueto, un oratorio e da questo potrebbe essersi sviluppata la chiesa che, stando alle fonti, nel 1330 era in piena funzione ed era diventata “terza cappella della Cattedrale”. Sulla base di alcune tracce si pensa che avesse un orientamento ruotato di 180° rispetto ad oggi.
Qualche notizia in più riguarda il XVI secolo, quando è certo che presentava vari altari soto il giuspatronato di famiglie nobili o di confraternite. Al 1510 risale lo splendido trittico con la Madonna e il Bambino, san Bartolomeo e san Prosdocimo, atribuito a Cima da Conegliano e botega, che possiamo ammirare sul secondo altare a destra, dove aveva sede la Scuola dei Mugnai.
La pala dell’altar maggiore appartiene invece all’ultima produzione (fine sec. XVI) di Lodewijk Toeput italianizzato in Ludovico Pozzoserrato, pittore manierista fiammingo naturalizzato trevigiano. San Leonardo veste la dalmatica e tiene in mano le catene spezzate, in quanto patrono dei carcerati. È attorniato da san Giacomo con il bordone e santa Marta con secchiello e aspersorio.
Nel 1657 la chiesa venne ricostruita e assunse l’orientamento che vediamo oggi. Non essendoci più sacrestia, la famiglia Rovero concesse in uso perpetuo un locale del suo adiacente palazzo.
L’edificio subì poi altre modifiche all’aprirsi del XIX secolo, quando venne sopraelevato eliminando il testo ligneo dipinto a stelle e fu ampliato togliendo le nicchie e i pilastri preesistenti, su progetto di Francesco Zambon. In un periodo immediatamente successivo Giovan Battista Canal decorò il soffitto con un affresco in stile tiepolesco, nel quale compaiono il santo titolare in veste bianca e gli altri santi allora venerati nella chiesa. Più in alto Maria con una grande aureola e infine, sempre nel turbinio di angeli, la Trinità con Dio Padre e il Figlio in attesa di incoronarla.
Tra il 1808 e il 1811 le soppressioni napoleoniche di chiese e conventi fecero affluire a San Leonardo parecchie opere d’arte. Dalla vicina chiesa di San Michele, demolita, arrivò la pala con l’arcangelo guerriero, teopompo (cioè colui che pesa le anime, vedi bilancia) nell’atto di trafiggere Lucifero suo antico compagno. Il dipinto, oggi sulla parete di fondo a sinistra dell’altar maggiore, appartiene all’ultima produzione del Pozzoserrato.
Dello stesso autore e dello stesso periodo è la pala di Santa Veneranda, invocata per la salvezza delle anime purganti. La tela venne ridimensionata per poter alloggiare dentro la cornice dell’altare dei Morti, a sinistra prima del presbiterio. Questo altare in marmo bianco e nero venne edificato nella seconda metà del 1600, ma secondo altri proverrebbe, insieme alla pala della santa, dalla chiesa di San Michele. La ricca decorazione a pendagli con elementi simbolici ha lo scopo di affermare che la morte tratta allo stesso modo umili e potenti. Qui nel 1685 aveva preso sede la Scuola del Suffragio dei Morti, che prima era nella chiesa di Sant’Agnese.
La pala sulla parete di fondo, a destra dell’altar maggiore, rappresenta Sant’Erasmo in trono e i santi Giovanni Battista e Sebastiano. L’autore è il trevigiano Vincenzo Dalle Destre, che fu allievo di Bellini a Venezia.
Questo dipinto, però, presenta uno stile più attardato rispetto a quello del maestro, vicino piuttosto ad Alvise Vivarini data la legnosità di panneggi e figure. Anche quest’opera era nella chiesa di San Michele. Dalla Chiesa di Santa Margherita, oggi Museo Collezione Salce, arrivò la pala architettonica che si trova subito a sinistra dell’ingresso principale.
Sempre in seguito alle soppressioni napoleoniche giunse in San Leonardo la settecentesca statua policroma del Cristo Passo, legata al culto delle piaghe di Cristo, posta ora vicino all’ingresso laterale.
Nel 1840 circa sull’altare di Sant’Antonio, il primo a sinistra entrando, venne posta un’opera di Giovan Battista Carrer che ha come soggetto la miracolosa visione di Gesù Bambino che il santo ebbe a Camposampiero. I suoi devoti, salvati dai bombardamenti del 1848, per ringraziamento innalzarono a lato dell’altare una lapide nella quale conficcarono tre palle di cannone.
Nel secondo decennio del 1900 si decise di intervenire sulla facciata, incaricando l’architetto Luigi Candiani che la modificò secondo uno stile barocco con influenze nordiche (capitelli con serpenti). Sotto il profilo mistilineo si trovava un grande affresco monocromo, andato ormai perduto, opera di Gian Maria Lepscky. Intorno al 1950 sull’antico altare risalente al 1599, che si trova a destra prima del presbiterio, venne posto il Ritratto di san Pio X, il santo papa trevigiano canonizzato proprio in quegli anni. Alla base del dipinto, opera del vicentino Giuseppe Mincato, gli edifici rappresentati riassumono il percorso della sua vita.
In questa chiesa delle devozioni nel 1949 si aggiunse l’altare di Santa Rita, posto a destra presso l’ingresso principale. Il gran numero di grazie concesse è rappresentato dai numerosi ex voto, il flusso di fedeli è continuo, tanto che la titolare della chiesa sembra essere la “santa dei casi impossibili”, piuttosto che san Leonardo.
Da non dimenticare infine il settecentesco organo, molto interessante perché conserva inalterato il timbro che gli conferì il famoso organaro veneziano Gaetano Callido.
(Autore: Redazione Qdpnews.it)
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