Il panorama politico internazionale e il mestiere dell’inviato di guerra: sono alcuni dei temi emersi ieri sera all’Enoteca veneta di Conegliano, dove si è tenuto un incontro con Fausto Biloslavo, giornalista, impegnato nei principali fronti di guerra, per documentare tante storie di vita.
“Non pensavo di vedere una guerra nel cuore d’Europa, non so cosa ci aspetta”, la sua premessa.
Nella stessa occasione Biloslavo ha presentato il volume “Ucraina. Nell’inferno dell’ultima guerra d’Europa”, completo dei racconti e delle testimonianze dagli scenari di guerra. La serata è stata moderata da Erinda Qyteza.
Triestino, Biloslavo ha raccontato scenari come la guerra in Cecenia, l’assedio di Sarajevo e la situazione a Kabul, ha inoltre seguito le truppe anglo-americane nella guerra contro l’Iraq.
È stato l’ultimo giornalista a intervistare il colonnello Gheddafi. Ha collaborato per svariate testate e realtà giornalistiche, come Panorama, TG5, Studio Aperto, TGcom24, Sky TG24.
La serata è stata introdotta dai saluti di Lucrezia Aggio, consigliere a Conegliano per Fratelli d’Italia (gruppo organizzatore dell’incontro).
Subito dopo Biloslavo ha raccontato i tanti aspetti vissuti da giornalista al fronte, con un focus particolare sulla guerra in Ucraina.
Racconti di un inviato di guerra
“La paura è la mia compagna di viaggio: Rambo in guerra non esiste e la paura mi ha salvato 50 volte, perché ho sentito 50 sibili di granate, che ci sono passate sopra alla testa in Ucraina. La paura bisogna controllarla”, è la premessa fatta dal giornalista.
“In Afghanistan ho rischiato di essere fucilato da due soldati bambini – ha proseguito – Della paura bisogna avere cura, perché è una sensazione normale: la paura è quindi una fedele compagna di viaggio”.
Sul fronte ucraino Biloslavo è stato presente fin da quel 24 febbraio 2022 in cui è cambiato tutto.
“Ero nel Donbass quando sentii i primi colpi di artiglieria. L’esercito di una superpotenza come la Russia era un gigante con i piedi di argilla, ma che non molla mai – ha continuato – Non avrei mai pensato di aver dovuto raccontare un conflitto così devastante nel cuore dell’Europa: si è trattato di raccontare le piccole storie di un conflitto. Un giornalismo fatto di tante piccole storie”.
“Ci si abitua a sentire i colpi”, ha ribadito il giornalista, prima di proiettare un filmato con diversi spezzoni sulle varie immagini del conflitto ucraino raccolte.
Tra questi anche il particolare dei cognomi segnati sulle tute mimetiche (sul petto e le gambe), necessari per il riconoscimento dei soldati, nel caso venissero colpiti da alcune granate. Oppure lo scenario dei bunker ricavati dai civili, senza luce e acqua.
“Le guerre si combattono anche a colpi di propaganda e negli ultimi anni la guerra della disinformazione ha un esito maggiore rispetto al conflitto sul campo – ha spiegato – In questo contesto bisogna cercare di far capire come stanno realmente le cose. Si incontra sempre qualcuno che ha parenti in Italia e ama il nostro Paese: questo fa piacere”.
Per quanto riguarda il conflitto in Ucraina, Biloslavo ha spiegato che “gli addetti ai lavori sapevano che, prima o poi, il conflitto sarebbe scoppiato”.
“Io penso che, adesso, si rischia grosso: rischiano gli ucraini, la cui resistenza mi ha stupito. I russi hanno invece sbagliato i calcoli nel pensare che Kiev e l’Ucraina fossero come nel 2014: oggi controllano il 23% del territorio ucraino, dall’8% che già avevano nel Donbass, quindi è stata una vittoria di Pirro”, ha aggiunto. Alla luce dello scenario politico internazionale, c’è quindi il rischio dello scoppio del Terzo conflitto mondiale? “Inizialmente non credevo al papa, quando diceva che siamo in una Terza guerra mondiale a pezzi, poi mi sono ricreduto: il primo tassello è stata la guerra russo-ucraina (la situazione in Ucraina è drammatica) e poi il Medio Oriente. Il conflitto-scontro non è solo militare, ma anche sul piano economico e politico. In questo momento il mondo libero è l’Occidente“, ha evidenziato.
Un contesto in cui, secondo l’inviato, è necessaria una “corretta informazione sulla guerra”: “Non bisogna avere il paraocchi e, così facendo, ci si rende conto che non te la raccontano giusta, neppure andando sul posto – ha continuato –
È giusto raccontare le cose a 360 gradi, non solo con il paraocchi. I russi hanno perso la guerra della comunicazione”.
“Durante una guerra può sempre succedere di tutto – ha concluso – Bisogna di cercare di informarsi in maniera diversificata e di seguire chi continua a voler andare sul posto, per raccontare le piccole storie”.
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