Nuova tassa sulle “emissioni” di mucche e maiali?

l futuro dell’umanità è indiscutibilmente legato a quello delle risorse naturali e dell’ambiente del pianeta. La nuova consapevolezza mondiale che queste risorse sono di fatto limitate è stata chiaramente espressa nelle conclusioni della Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 (più di 30 anni fa). Il ruolo degli animali domestici nell’utilizzo delle risorse naturali e il loro impatto sull’ambiente sono due delle questioni principali.

Quando i ruminanti, come le capre, le pecore e soprattutto i bovini, digeriscono il cibo, questo viene elaborato nel loro organismo attraverso la fermentazione. Questo processo, nel tempo, scompone il cibo e produce metano, un potente gas a effetto serra che contribuisce al rapido riscaldamento del nostro pianeta quando viene espulso nell’atmosfera attraverso le vie biologiche tradizionali, ossia le flatulenze e le eruttazioni. 

L’ultimo decennio del secolo scorso i ricercatori si impegnarono a misurare gli impatti ambientali del settore zootecnico.

Nel 2001, uno studio internazionale diretto dalla Banca Mondiale, dalla FAO e dall’USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale), con la partecipazione di diversi finanziatori europei e americani, ha analizzato le interazioni tra allevamento e ambiente in tutto il mondo. In quel report vennero identificati tre principali sistemi di produzione: sistemi estensivi basati sul pascolo, sistemi misti che integrano agricoltura e allevamento e sistemi intensivi. Lo studio analizzò gli impatti positivi e negativi di ciascun sistema sull’ambiente, sottolineando come l’aumento della domanda di prodotti di origine animale, guidato dalla crescita demografica e dall’aumento del reddito, avrebbe richiesto un’intensificazione sostenibile della produzione. Vennero discusse diverse tecnologie e politiche per mitigare gli effetti negativi, come la deforestazione e l’inquinamento, e promuovere la gestione sostenibile delle risorse naturali. Lo studio si concluse evidenziando l’importanza della ricerca, della formazione e del processo decisionale informato per affrontare le sfide ambientali poste dall’allevamento del bestiame.

Oggi sono passati più di vent’anni dalle indicazioni per la sostenibilità degli allevamenti e poco è stato fatto. Anche chi parla di sostenibilità ne condivide il suono, ma non il significato.

Sappiamo che la metà della terra abitabile del mondo (cioè la terra libera da ghiacciai e deserti) è utilizzata per l’agricoltura responsabile del 70% dei prelievi globali di acqua dolce.

Sappiamo anche che l’agricoltura causa il 78% dell’eutrofizzazione degli oceani e delle acque dolci a livello globale (l’eutrofizzazione è l’inquinamento dei corsi d’acqua con acque ricche di sostanze nutritive).

Se consideriamo i mammiferi terrestri, il 97% della massa complessiva riguarda il bestiame. Ciò significa che il bestiame supera i mammiferi selvatici di un fattore di 15 a 1.

Il 71% della biomassa degli uccelli è costituito da pollame. Ciò significa che il pollame supera in peso gli uccelli selvatici di un fattore di oltre 3 a 1.

Nessuno può vivere senza mangiare, ed è grazie al mondo agricolo che possiamo farlo. Ma sappiamo che scegliere ciò che mangiamo e il modo in cui produciamo il nostro cibo gioca un ruolo chiave nell’affrontare il cambiamento climatico, ridurre lo stress idrico e l’inquinamento, ripristinare le terre in foreste o praterie e proteggere la fauna selvatica del mondo.

Accertato che una mucca (o due maiali) inquinano più di un’auto, recentemente, il governo danese ha proposto di introdurre una tassa sulle emissioni di metano prodotte dagli allevamenti di mucche e maiali, con l’obiettivo di ridurre l’impatto climatico dell’industria zootecnica.

Questa tassa, che potrebbe essere attuata entro il 2024, prevede un aumento del costo della carne di circa 2 euro al chilo. Il Consiglio Etico della Danimarca ha sostenuto questa iniziativa, sottolineando che fino ad ora gli allevamenti non si sono adeguati alle strategie di mitigazione della crisi climatica. In Danimarca se n’è discusso ampiamente e sembra che la proposta di tassare 90 € ogni mucca allevata sia un vero e proprio ultimatum. Dopo più di 30 anni, è ora di passare ai fatti visto che la crisi climatica si fa sentire sempre di più.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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