“Non è una questione di quote rosa, ma di agevolare un avvicinamento alla vita amministrativa. Da parte delle donne, ma non solo: c’è una sempre maggiore disaffezione dei cittadini e lo si vede nella scarsa partecipazione al voto, ma anche nella difficoltà di creare liste e di mettersi a servizio delle comunità”.
È l’analisi a freddo della Consigliera di Parità Flavia Monego, pochi giorni dopo l’esito dell’ultima tornata elettorale nel Bellunese. Una tornata imponente per la provincia, dato che andava al voto la metà dei Comuni.
L’esito è che sono solo due le donne elette a sindaco: Elena Levorato a Ponte nelle Alpi e Silvia Tormen, riconfermata a Taibon. Il saldo rispetto alla situazione pre-urne è comunque zero, perché le sindache erano sette prima dell’8-9 giugno e sono rimaste sette (a Limana non è stata riconfermata Milena De Zanet, ma la componente femminile è la novità di Ponte nelle Alpi); il numero totale scende di un’unità tra il post e il pre voto solo considerando il caso di Alano che aveva come sindaca Serenella Bogana e dopo la fusione con Quero Vas ha visto l’elezione di Bruno Zanolla.
“Sette donne sindaca su 60 Comuni sono un numero che deve far riflettere. E poi bisogna dare uno sguardo allargato ai consigli comunali, dove la componente femminile è spesso – troppo spesso – molto esigua”, continua Flavia Monego.
“Però, ci sono alcuni casi in controtendenza dopo l’ultima tornata elettorale. Penso a Longarone dove su dodici consiglieri, sei, la metà esatta, sono donne. Stesso discorso a Santa Giustina – prosegue – Penso a Seren del Grappa, dove la maggioranza del consiglio è di donne, sette su dieci; uguale la situazione a Danta, mentre a San Pietro di Cadore, su nove consiglieri, ben cinque sono donne”.
“Dobbiamo ripartire da qui, lavorando perché si creino le condizioni perché le donne possano avvicinarsi alla vita e all’impegno amministrativo, seguendo le proprie inclinazioni e dando il proprio contributo attivo – aggiunge – Un lavoro che vale tutti, anche per i colleghi uomini, perché purtroppo stiamo assistendo a una difficoltà diffusa, come mostrano le 15 monoliste nei 31 Comuni al voto, molte delle quali hanno lasciato anche posti vuoti”.
“Significa che non si trovano persone disposte a mettersi al servizio delle comunità – conclude – E le cause profonde possono essere di vario genere. Vanno analizzate e va posto rimedio, perché la partecipazione è fondamentale, specialmente nei piccoli centri di montagna”.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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