Chiamatelo coraggio o incoscienza, ma dopo un anno e mezzo di lavoro Damiano Boscaratto (nelle foto) è riuscito a vincere la propria la sfida, una scommessa in realtà iniziata cinque anni fa.
E’ infatti il giugno 2013 quando questo giovane di Susegana, all’epoca 23enne, parte alla volta di Berlino: si è appena licenziato dal lavoro in ufficio che non gli dà nessuno stimolo ed è intenzionato a trovare una nuova strada da seguire.
Nel frattempo, qualche mese prima, aveva riscoperto la sua vecchia passione per il disegno, rimasta in cantina dalle medie. Proprio mentre si trova nella capitale tedesca invia i propri schizzi alla Scuola internazionale di comics di Padova, dove viene ammesso, e a cinque mesi dalla partenza, nell’ottobre 2013, torna a casa e inizia a frequentare i corsi padovani, che concluderà circa tre anni più tardi, a giugno 2016.
Nel mezzo, tra compiti e lezioni, tante partecipazioni a concorsi in tutta Italia e molta ricerca sulla opera dei ”colleghi” più grandi, con la volontà di seguirne le orme.
Infine, terminati gli studi artistici, la grande decisione: puntare tutto ancora una volta su se stesso e realizzare la propria storia completa, senza compromessi o scorciatoie. I primi disegni risalgono a dicembre 2016, mentre gli ultimi acquerelli risalgono a circa un mese fa, un anno e mezzo di lavoro contraddistinto da fatica, impegno, forza di volontà e, naturalmente, anche dalla paura di non farcela e da qualche momento no.
Ora che però le prime copie di “1918: Solstizio d’estate” (una tavola qui sopra) sono state stampate, il 28enne Damiano Boscaratto può dire di aver concluso un passaggio chiave della sua vita.
La storia è ambientata nella Prima guerra mondiale e parla di un manipolo di soldati italiani sul Montello durante la Battaglia del Solstizio, l’ultima grande offensiva austro-ungarica sulla linea del Piave.
Come mai hai deciso di lanciarti in quest’impresa?
Il mondo del fumetto è difficile e specialmente all’inizio ti vengono proposte solo collaborazioni brevi e saltuarie, oppure devi sperare che ti vada bene uno dei molti concorsi, ma spesso sono specchietti per le allodole. Ho sempre visto questo iter troppo lento e poco intraprendente. Volevo fare qualcosa di grande e personale per presentarmi al grande palcoscenico dell’editoria con un lavoro solido che esprimesse al massimo il mio potenziale. Non avevo tempo da perdere, insomma.
Quanto lavoro e quanto tempo ci sono voluti per completare il fumetto?
Dopo qualche mese di documentazione intensiva, ho iniziato a lavorarci a tempo pieno da dicembre 2016. Non ho fatto altro che stare al tavolo da disegno per tutto il 2017 e qualche mese del 2018. Curare da solo soggetto, sceneggiatura, dialoghi e tutto l’aspetto del disegno porta ad un rallentamento dei lavori non indifferente. In più l’acquerello, utilizzato come tecnica in questo fumetto, è molto laborioso.
L’autore con le tavole originali
Perché hai deciso di ambientare la tua storia durante la prima guerra mondiale e proprio sul Piave?
Il fumetto è nato come omaggio alla storia che impregna la terra di queste zone. Sono nato a Vittorio Veneto, cresciuto a Susegana, ho studiato all’Isiss Casagrande a Pieve di Soligo e con gli amici ho trascorso l’adolescenza e le estati al Piave a Falzè. Da anni vado spesso a camminare tra le trincee e i monumenti sparsi nelle due sponde del fiume. Da poco mi sono trasferito a vivere a Padova e sono finito ad abitare vicino a Villa Giusti, dove è stato firmato l’armistizio della Prima guerra mondiale. Coincidenze? Forse, sta di fatto che la Grande Guerra è sempre stata una cornice del mio percorso di vita ed il primo lavoro importante da autore unico non poteva che essere su questo tema. Sapevo, inoltre, che forte di questo legame empatico con i luoghi e la passione per il periodo storico, avrei potuto raccontare la Battaglia del Solstizio meglio di altri colleghi fumettisti. Inoltre era un tema che nessuno aveva ancora trattato a fumetti. Come in altri media, si parla sempre troppo di Caporetto e troppo poco delle battaglie del Piave (ed in particolare quella del Solstizio) che di fatto ne rappresentano la rivincita.
Quando hai iniziato a disegnare e ad appassionarti al fumetto?
Non presto e non vi dirò che volevo farlo da quando ero in fasce. Ho letto molti fumetti sin dall’infanzia e disegnavo molto fino ai primi anni delle superiori. Poi gli studi, l’adolescenza, le feste, gli amici: c’è stata una lunga interruzione fino ai 22 anni. Poi la volontà di recuperare questo percorso abbandonato mi è piombata addosso: ho lasciato la via del geometra e i lavori stabili per tornare a disegnare e a studiare, nel 2013, alla Scuola Internazionale di Comics. Da allora faccio parte anche del Treviso Comic Book Festival e ho lavorato ad alcune storie brevi collaborando con alcuni sceneggiatori tra cui Luca Vanzella, autore per Dylan Dog.
Quali sono gli autori a cui ti ispiri?
Di fatto nessuno. Dopo varie fasi acerbe in cui mi ispiravo ad alcuni grandi maestri, credo di aver raggiunto il mio stile. La contaminazione nella costruzione di un segno è comunque importante e posso citare alcuni nomi internazionali tra i miei preferiti e che ho studiato a fondo: Vittorio Giardino, William Vance, Moebius, Manara e i più recenti Valentin Secher e Jarbinet.
Nel 2013 hai lasciato il lavoro per andare a Berlino. Quando hai capito che il mondo del fumetto sarebbe stato la tua strada?
Avevo già fatto un corso serale di fumetto ed avevo ripreso a disegnare costantemente, prima di andarci. Il periodo a Berlino è stato un ponte tra il mio vecchio percorso e quello nuovo. E’ una città giovane e piena di stimoli, forse troppi. Di sicuro, lì mi sono risvegliato completamente dal letargo creativo ed ho maturato tantissimo il bisogno di esprimermi in questo senso nel futuro prossimo. Mi sono iscritto all’accademia di Padova che ero ancora lì e pochi giorni dopo essere ritornato, dopo quattro-cinque mesi di permanenza, ho iniziato gli studi.
Quali sono gli ostacoli più impegnativi che hai dovuto affrontare per realizzare la tua storia?
Direi innanzitutto quelli psicologici e legati alla solitudine in primis. Nessuna sinergia di sqaudra o ritmo scandito da qualcuno. Sei completamente da solo ed è difficile sapersi gestire e controllare attraverso un lavoro di più di un anno. Le difficoltà e le occasioni per rinunciare o abbandonare il progetto ci sono state ma ho resistito. Altro grosso ostacolo è stato stampare questo lavoro. Ho rifiutato l’accordo con un paio di case editrici medio-piccole perchè dopo aver rischiato così tanto avrei dovuto “regalare” il mio prodotto. Non si può essere rappresentati da qualcuno che oltre ad una pacca sulla spalla non da il giusto valore al tuo lavoro. Quindi ho scelto di avanzare come autore selfpublisher autoproducendo e finanziando da solo il mio fumetto. Infatti i lavori successivi di grafica ed impaginazione hanno fatto slittare l’uscita di almeno un mese. L’ultimo ostacolo è adesso, nella promozione e distribuzione del prodotto che è di nuovo tutto sulle mie spalle.
Hai già qualche idea per il tuo prossimo lavoro?
Sì, inizierò tra qualche mese la lavorazione di un nuovo fumetto che vedrà la luce nel 2019. Questa volta lavorerò in coppia con uno sceneggiatore e quindi mi occuperò solo della parte grafica. Il progetto sembra ambizioso e punteremo sicuramente a qualche casa editrice di grosso calibro. L’autoproduzione tuttavia si sta rivelando un’esperienza importante e non la considero un ripiego, ma bensì una scelta alternativa, più audace, che resta un’opzione valida a seconda del progetto.
A breve inizieranno le presentazioni dell’opera in tutta l’Alta Marca: qui tutte le informazioni e i contatti.
(Intervista a cura di Edoardo Munari © Qdpnews.it).
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