Un allentamento dei requisiti di accesso alla cittadinanza italiana potrebbe portare significativi benefici alla collettività.
Nel nostro ordinamento, lo straniero che intende acquisire la cittadinanza italiana deve rispettare determinate regole e condizioni poste dal legislatore con la L. 5.02.1992 n. 91. Tra queste, vanno sicuramente ricordate quelle che regolano due modalità particolarmente rilevanti:
1. l’acquisizione per matrimonio;
2. la naturalizzazione.
La prima è contenuta nell’art. 5 che così recita: “Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio risieda legalmente da almeno 2 anni nel territorio della repubblica, oppure dopo 3 anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora al momento dell’adozione del decreto di cui all’art. 7, c. 1 non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili e non sussista la separazione personale dei coniugi. I termini di cui al c. 1 sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi”.
Giova osservare come la suddetta disciplina abbia subito una importante modifica con il D.L. 113/2018 che ha abrogato la disposizione in base alla quale all’Amministrazione era impedito di rigettare la domanda di acquisizione della cittadinanza, decorsi 2 anni dalla sua proposizione (in pratica, dopo 2 anni operava una sorta di silenzio-assenso ora non più possibile).
La naturalizzazione, invece, è disciplinata dall’ art. 9, lett. f), secondo cui la cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e su proposta del Ministro dell’Interno, allo straniero che risiede legalmente da almeno 10 anni nel territorio della Repubblica.
In entrambi i casi è richiesto un grado di conoscenza dell’italiano non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo per la conoscenza delle lingue, il cosiddetto QCER, il quale costituisce un sistema descrittivo messo a punto dal Consiglio d’ Europa per consentire una valutazione uniforme delle capacità linguistiche individuali.
Il Decreto di concessione della cittadinanza perde efficacia se il soggetto interessato non presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza alla Costituzione e delle leggi statali entro il termine di 6 mesi dalla sua notifica; viene invece revocato se il cittadino acquisito ha subito una condanna definitiva per reati di terrorismo o eversione dell’ordinamento costituzionale.
Per tale tipo di reati la revoca viene adottata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro degli Interni, entro 3 anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
Negli ultimi tempi si è acceso un interessante dibattito in molti Paesi europei sull’opportunità di allentare le norme di accesso alla cittadinanza per favorire una forza lavoro migrante più attiva ed integrata.
In Germania, ad esempio, il Parlamento ha recentemente approvato una legge che ha ridotto da 8 a 5 anni il periodo di residenza necessario per presentare domanda di naturalizzazione.
Un’acquisizione più rapida della cittadinanza può agire come un importante “catalizzatore” per l’integrazione, portando ad un miglioramento degli esiti occupazionali e consentendo l’accesso a posizioni meglio retribuite, senza considerare i benefici in ambito civile, come l’acquisizione di alcuni diritti rilevantissimi, quali l’elettorato passivo/passivo e la possibilità di residenza illimitata.
Pertanto, malgrado in alcuni settori dell’opinione pubblica persistono forti preoccupazioni sulla possibilità che aumentino gli arrivi di migranti, è giusto rimarcare i vantaggi sociali, politici ed economici per l’intera collettività, derivanti da un accesso facilitato alla cittadinanza italiana.
Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Giovanni Pugliese – Sistema Ratio Centro Studi Castelli