Fortunate coincidenze e molto lavoro di ricerca e di relazione costituiscono il dietro le quinte di “Donne in scena. Boldini, Selvatico, Martini”, mostra promossa dal Comune di Treviso, a cura di Fabrizio Malachin, con saggi in catalogo e la collaborazione di Maria Ida Biggi, Eleonora Drago, Elisa Masiero, Manlio Leo Mezzacasa, Raffaello Padovan, Giuseppe Pavanello, Ivano Sartor, in programma da oggi 13 aprile al 28 luglio al Museo Santa Caterina.
Il progetto nasce anche da un fatto straordinario per i Musei Civici di Treviso, ovvero la recente acquisizione del vasto nucleo di opere (dipinti, bozzetti, disegni, incisioni, schizzi e lavori giovanili e preparatori) dell’artista Lino Selvatico di proprietà della famiglia, in forma di comodato gratuito e, in parte, di donazione.
“Si tratta di oltre 50 dipinti e circa 300 opere grafiche, a cui vanno ad aggiungersi stampe e fotografie usate dall’artista per studio e soprattutto l’archivio privato del pittore, costituito da 25 faldoni di documenti, diari e lettere manoscritti, per lo più inediti, fotografie di famiglia, l’archivio personale e la biblioteca personale di 1200 volumi – anticipa il curatore Fabrizio Malachin, direttore dei Civici trevigiani – Questo nucleo non è attualmente esposto, in questa occasione una scelta delle migliori opera viene quindi presentata per la prima volta”.
Selvatico è stato un ricercato ritrattista, uno specialista del genere del ritratto su commissione e alla moda, raffigurando soprattutto donne dell’alta società, della nuova borghesia fino alle divine del teatro, del cinema e del varietà – Irma Gramatica, Vera Vergani, Rita Sacchetto, solo per citarne alcune – celebrato dalla critica come il ‘poeta delle bionde’, ‘il Boldini veneto’.
Altra casualità, per altro significativa, ovvero il fatto che quest’anno ricorra il centenario della scomparsa di Lino Selvatico, così come i 70 anni dalla morte di Alberto Martini e i 60 da quella di Giulio Ettore Erler, altri grandi ritrattisti ben documentati nella mostra.
“Dopo le fortunate retrospettive su Canova e Arturo Martini e Juti Ravenna, con questa mostra intendiamo approfondire l’indagine sui nostri migliori artisti attivi tra ’800 e ’900 – le parole del sindaco Mario Conte – Quello è stato infatti un periodo particolarmente vivace per Treviso sia dal punto di vista economico, con il nascere di imprese e attività economiche di successo, e con esse di una borghesia facoltosa, ma anche artisticamente propulsive. Basti pensare a quel gruppo di giovani che si ritrovava attorno a Gino Rossi e ad Arturo Martini. Per questi ultimi, così come per tutti i veri protagonisti, l’ambiente veneziano rimane il primo punto di riferimento, ma con la tendenza a confrontarsi con gli ambienti più alla moda, Milano, Monaco e Parigi in particolare. Treviso riafferma, ancora una volta, il suo ruolo nell’arte con una grande mostra, promuovendo le proprie bellezze e peculiarità facendo conoscere i suoi migliori interpreti in una continua indagine volta ad arricchire il panorama culturale”.
“La mostra – chiosa Maria Teresa De Gregorio, assessore ai Beni Culturali e Turismo del Comune di Treviso – prende le mosse proprio dall’attività di due protagonisti della scena trevigiana e veneta di quell’epoca che l’Istituto desidera far riscoprire al grande pubblico nel 100° e nel 60° della morte: Lino Selvatico (Padova, 20 luglio 1872 – Treviso, 25 luglio 1924) e Giulio Ettore Erler (Oderzo, 20 gennaio 1876 – Treviso, 9 gennaio 1964). Artisti celebri, in particolare per i grandi ritratti femminili, fino ai nudi sensuali ma mai volgari, che hanno raccontato il nascere di quel ‘piccolo’ mondo borghese veneto. Le loro opere sono una finestra su un’epoca romantica, affascinante, mondana ma anche decadente. Entrambe sono legati a Treviso per le vicende biografiche personali e artistiche”.
Tributato un più che giustificato omaggio alla città che la propone e la ospita, la mostra assume una dimensione da grande evento nazionale. Allestita al Museo di Santa Caterina, è sviluppata su 3 piani, per un totale di 800 mq espositivi e 13 sale.
Le opere esposte sono ben 130, in molti casi accompagnate da abiti, cappellini, borsette e accessi d’epoca. Trentaquattro di queste 130 opere sono inedite o mai esposte prima (tra queste, molte delle opere di Erler, alcune di Selvatico, e poi Milesi, Tito, Pasini, Tordi, Nono, Corcos, Beltrame). Ben 31 sono gli artisti rappresentati in mostra, una galleria davvero rara dei migliori pittori impegnati nel genere del ritratto femminile in quel momento storico.
Ventiquattro opere sono state restaurate per l’occasione. Tra le 130, 25 sono opere di proprietà del Museo trevigiano o acquisite in deposito a lungo termine, quasi tutte esposte per la prima volta in quanto di recente o recentissima acquisizione. Così la mostra diventa occasione per valorizzare, e svelare, il patrimonio non esposto per mancanza di spazi, o acquisito anche grazie alla decisione di dare vita ad una mostra che i collezionisti hanno ritenuto interessante.
Alla mostra concorrono anche importanti prestatori pubblici. Tra essi, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, gli Uffizi/Palazzo Pitti, la Galleria d’Arte Moderna di Torino, Genova, Trieste ecc) e diversi privati – da Lugano a Parigi, passando per Pistoia, Bergamo, Bologna e Milano – che hanno messo a disposizione i loro tesori.
Concomitanze che consentono di offrire al pubblico una mostra affascinante, di belle pitture riunite per far rivivere uno snodo datato ma assolutamente attuale dell’evoluzione sociale al femminile.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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