La Pubblica Amministrazione non attira più: cause e rimedi.
Qualche anno fa riscosse un grandissimo successo il film “Quo vado” in cui Checco Zalone interpretava il ruolo di un impiegato provinciale disposto ad affrontare mille avversità pur di preservare il proprio posto da dipendente pubblico. L’opera risale al 2016, ma sembra essere passata una vita.
Secondo una recente statistica, infatti, la Pubblica Amministrazione ha visto negli ultimi 10 anni una contrazione del personale pari a circa il 20%, con punte ancor più elevate nelle Regioni meridionali. Come se non bastasse, gli ultimi concorsi non hanno fornito gli innesti auspicati, avendo registrato numerose defezioni. Un ridimensionamento che ha ormai assunto un carattere strutturale e che desta un grande allarme per gli anni a venire in considerazione dell’età media molto elevata degli occupati e del conseguente prossimo pensionamento di una quota significativa.
A pesare su tale situazione vi è soprattutto la scarsa attrattività degli stipendi sui giovani laureati e il gap retributivo con settori privati ben più dinamici come la finanza, le nuove tecnologie e anche la manifattura.
Inoltre, alcuni comparti come, ad esempio, gli enti locali, sono caratterizzati da un alto tasso di precarizzazione all’ingresso, tale da richiedere tempi di attesa molto lunghi per arrivare ad una definitiva stabilità che, a conti fatti, rimane il vero punto di forza del lavoro pubblico.
Per attirare giovani qualificati, il 26.12.2023 scorso il Ministro per la Funzione Pubblica ha emanato un decreto che permette alle Pubbliche Amministrazioni di reclutare con contratto di formazione lavoro non solo per laureati ma anche per laureandi che abbiano sostenuto tutti gli esami. Allo scopo, le Amministrazioni sono chiamate a stipulare apposite convenzioni con le Università del territorio. Vengono quindi attuati dei percorsi formativi volti ad agevolare l’accesso al mondo del lavoro pubblico, al termine dei quali i giovani possono ottenere la trasformazione del contratto in un rapporto a tempo indeterminato.
Per quanto lodevoli e interessanti, non crediamo che iniziative di questo tipo siano sufficienti ad invertire la rotta. Le principali rilevazioni in materia suggeriscono che i giovani di oggi danno meno importanza al “posto fisso”, privilegiando altri aspetti come benessere, motivazione, formazione o la possibilità di lavorare in modalità agile. In particolare, c’è un fronte scoperto su cui dovrebbe focalizzarsi l’attenzione dei pubblici poteri ed è la mobilità.
Fino ad oggi, quest’ultima è stata sempre utilizzata come uno strumento per venire incontro alle esigenze personali dei lavoratori, ad esempio l’avvicinamento agli affetti familiari, oppure come un mezzo per sopperire alle carenze di organico con le altrui eccedenze.
È giunto il momento, invece, di interpretare la mobilità come una modalità di sviluppo delle carriere e una possibilità di crescita economica e professionale per i pubblici dipendenti.
Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Giovanni Pugliese – Sistema Ratio Centro Studi Castelli