Per un fraintendimento fortuito mi trovo di fronte a una degustazione di formaggi erborinati dove il venditore, dopo tre secondi per tutti Carlo, non smette di parlare di sé stesso e di biodiversità.
Carlo ci informa che è un plurilaureato intercontinentale (Francia e USA), ma nell’elenco delle università prestigiose frequentate Carlo mette al primo posto l’università della vita, quella rappresentata dalla buonanima dello zio mastro casaro che l’ha cresciuto tra le diverse regioni francesi e pirenaiche (con qualche incursione nel piemontese) facendo esperienze pratiche.
In una lenta (e infinita) serie di aneddoti autobiografici e lo scorrere di formaggi, ci metto un po’ a capire che tra marketing aggressivo di matrice statunitense e ammiccamento mediterraneo con qualche punta di indottrinamento ambientale (ormai non se ne può fare a meno!) Carlo confonde la biodiversità con la varietà dei formaggi che ci presenta.
In due parole, per Carlo tante varietà di formaggi vogliono dire tanta biodiversità.
Confondere la biodiversità con la biodiversità agraria non è un problema che riguarda solo Carlo, ma in quel momento davanti a noi c’è lui, un signore verboso che confonde pubblicità e biologia. Proviamo a capire.
Nella cultura umana le muffe non hanno una buona reputazione, eppure grazie alla loro biodiversità siamo in grado di guarire da molte malattie (pensate alla penicillina, un vero e proprio antibiotico vitale) e di trasformare il cibo in gusti sorprendenti.
Per restare nell’ambito caseario, da secoli le muffe aiutano a fare dei formaggi speciali. Questi speciali “funghetti” mangiano il formaggio e lo trasformano, rendendolo saporito e diverso. Le muffe danno al formaggio il suo colore, odore e gusto unici, possono farlo diventare cremoso o dare alla crosta una tonalità particolare.
Non tutte le muffe sono adatte alla produzione di formaggi ed è per questo motivo che la loro scelta nella produzione casearia è un processo delicato: i nostri produttori selezionano attentamente le diverse specie di muffa da utilizzare per garantire la qualità e la sicurezza del prodotto finale attraverso il controllo costante della presenza di eventuali micotossine per garantire la nostra salute.
Tra tutte, le muffe Penicillium roqueforti, Penicillium camemberti, e diverse specie del genere Aspergillus stanno sicuramente sul podio.
È questa la biodiversità che permette la varietà di formaggi che mangiamo. Sono le diverse specie di muffe e la loro diversità all’interno della stessa specie che rappresentano la ricchezza di cui stiamo usufruendo da almeno 3000 anni.
I diversi formaggi erborinati che mangiamo non sono la biodiversità, ma il loro utilizzo, ovvero la sapienza che la nostra specie ha accumulato nell’usare specie e generi specifici di muffe e rappresentano quella che si chiama biodiversità agraria.
Senza biodiversità, la biodiversità agraria svanisce, ma forse questo Carlo non lo sa o fa finta di non saperlo, continuando a vagheggiare e confondendo biologia e pubblicità casearia.
Ma se la produzione è sublime, come in questo caso, a che serve una pubblicità così ingannevole?
(Foto: Qdpnews.it).
#Qdpnews.it