Continuità Ideale – Rsi Treviso e l’Associazione nazionale famiglie dei caduti e dispersi della Repubblica sociale italiana domenica 14 febbraio alle 10.30, celebrando il Giorno del Ricordo, hanno deciso di chiudere il cerchio sulle quattro “rese dei conti” attuate dalla brigata partigiana “Giuseppe Mazzini” a Miane, Segusino, Saccol e Combai tra l’1 e l’8 maggio 1945.
Domenica 14 febbraio, nel cimitero di Miane, sarà infatti inaugurata la lapide per ricordare gli almeno 37 militari fascisti (la maggior parte rimasti senza nome) e un civile dipendente comunale a Valdobbiadene che furono uccisi la notte tra il 7 e l’8 maggio 1945 nella grande Spinoncia, una cavità verticale di una trentina di metri che si trova circa due chilometri a nord di Combai.
Saranno presenti all’evento, oltre all’amministrazione comunale di Miane, anche un assessore e un consigliere di Modugno, Comune pugliese in provincia di Bari, per rendere omaggio al sottotenente 25enne Paolo De Benedictis, ufficiale del battaglione “Nuotatori Paracadutisti” della Decima Mas in servizio a Valdobbiadene dall’ottobre 1944 fino ai giorni successivi alla liberazione.
De Benedictis, a nome dell’intero battaglione, si arrese il 20 aprile 1945 al comando partigiano locale, consegnando 11 milioni di lire, ma fu comunque orribilmente ucciso dopo un processo farsa ed il suo cadavere non fu mai ritrovato.
Stesso destino per il tenente ligure Ettore Rubino, anch’egli 25enne, e per almeno altri cinque militari della Decima, a cui si aggiungono 22 soldati al comando del sottotenente Carlo Gloria, passati alle dipendenze dei tedeschi dopo essere stati internati in Germania in seguito all’8 settembre 1943 e in servizio tra Falzè di Piave e Sernaglia dalla primavera 1945.
Ci fu un solo sopravvissuto, un soldato palermitano, che fu salvato da don Marcello Favero, parroco di Falzè di Piave, unico testimone dell’ultima resa dei conti della brigata Mazzini. E’ la strage meno nota perché privata delle fonti documentali e, al tempo stesso, la più dibattuta perché il 12 maggio 1945 i cadaveri furono incendiati dai partigiani gettando su di essi del liquido infiammabile e la cavità coperta per nascondere nell’ombra quanto accaduto.
Solo nel luglio 1947 il Comune di Miane, su pressione del padre del sottotenente Gloria, colonnello della Folgore, e della Pretura di Vittorio Veneto, ordinò l’esumazione delle salme.
Tuttavia, a distanza di oltre due anni dai fatti, i resti umani rinvenuti erano irriconoscibili, tanto che familiari e ufficiale sanitario non riuscirono ad identificarli; fu infatti dato un nome solo ad una decina di persone mediante il rinvenimento delle loro piastrine militari.
La grande Spinoncia di Combai, appurato che non c’erano più resti da riesumare, con un’ordinanza comunale del 1950 fu per gran parte coperta, tanto che oggi ha una profondità non superiore ai cinque metri.
Un dramma locale che si decise di “seppellire” per sempre, una ferita che domenica 14 febbraio, pur con la semplice inaugurazione di una lapide commemorativa nel cimitero di Miane, potrebbe riaprirsi di nuovo oppure essere sanata definitivamente.
(Fonte: Luca Nardi © Qdpnews.it).
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