Chi sarebbe stato Giacomo Girolamo Casanova, se fosse nato in quest’epoca? Un blogger di viaggi? Un tronista? Un influencer? O forse proprio nessuno, soltanto un giovane di bell’aspetto, carismatico e coraggioso, sempre pronto a imbarcarsi e a conoscere nuove persone? E invece la sorte ha voluto che Casanova nascesse il 2 aprile 1725, a Venezia, da una famiglia non nobile, che scrivesse dei libri sulle sue imprese avventurose e, per questo e altro, diventasse quello che tutti oggi ricordano come il conquistatore di cuori per eccellenza, il fenotipico rubacuori italiano, capace di sciogliere ogni diffidenza femminile.
Come spesso accade per questi personaggi, disegnati grossolanamente nella memoria popolare, alcuni interessanti aneddoti utili a descrivere queste figure in profondità finiscono per venire tralasciati: nei secoli successivi alla sua morte, Casanova, che era un autore molto produttivo e vario, sarebbe stato presentato nell’Ottocento specialmente come “pornografo”, più che come scrittore e avventuriero. Già allora gli editori sapevano, probabilmente, che quel genere sarebbe stato più redditizio.
Affidandosi a saggisti del calibro di Alessandro Marzo Magno, autore del suo nuovo volume “Casanova” edito da Laterza, è possibile riscoprirne il profilo, in questo caso alle porte del terzo centenario dalla nascita, in un viaggio che varca anche l’entroterra della Serenissima, compresa l’Alta Marca Trevigiana.
“La figura di Giacomo Casanova era molto più complessa. Fu un intellettuale, lui si sarebbe definito uno scrittore (pubblicò 43 opere). Tra i suoi appunti c’erano note sulla scienza e sulla matematica, è stato una spia, un finto mago, un giocatore d’azzardo, un baro, un girovago e un fuggitivo per 18 anni, prima di tornare a Venezia.
Certamente era un seduttore e un libertino, sicuramente era un avventuriero, ma non era nemmeno l’unico a fare quella vita, – spiega, in un autentico salotto veneziano, l’autore, – Probabilmente, però, è stato l’unico a scrivere un libro. Ecco perché lo si ricorda”.
La stessa dinamica, ci ricorda Marzo Magno, sarebbe avvenuta con la figura di Marco Polo: non è stato l’unico mercante veneziano a raggiungere la Cina, ma è stato l’unico a descriverla in un libro. E se la regola dello “scripta manent” ha funzionato per altri, la particolarità di Casanova è stata il dettagliare anche la sua vita sessuale, lunga 42 anni. L’avventuriero avrebbe incontrato, secondo il suo biografo ufficiale Piero Chiara, 116 donne in totale, quindi 2,7 all’anno. “Tante” dirà qualcuno, ma non in numero tale da giustificare la notorietà.
“Uno dei primi episodi è molto divertente: Casanova stava studiando per diventare prete. Era in seminario e, dopo l’omelia della sua prima predica nella chiesa di San Vidal (accanto a Palazzo Grassi), ricevette, assieme alle offerte, dei bigliettini contenenti proposte amorose delle signore e signorine che ascoltavano la messa”.
Precisando che le celle nel sottotetto di Palazzo Ducale non erano per davvero foderate di piombo, Marzo Magno racconta nel suo saggio che la rocambolesca fuga di Casanova da Venezia passò anche per l’Alta Marca Trevigiana: “Una volta fuggito Casanova sceglie di uscire dai confini della Serenissima per una strada poco battuta. Invece che percorrere l’attuale Alemagna, sceglie di procedere verso Feltre, passando per Montebelluna”.
A questo punto l’avventuriero scrisse precisamente di essere passato per la “Val de Piadene”, non riconducibile a Valdobbiadene, bensì a Biadene di Montebelluna. A confermarlo, Casanova parla nelle sue memorie di una certa Villa Grimani, un luogo da evitare visto che proprio lì aveva dimora il capo di quelli che a quel tempo potevano essere considerati poliziotti.
A bussare alle porte degli “sbirri” ci pensò però lui stesso. “Casanova ne combinò un’altra delle sue: si fece ospitare nella villa dalla moglie del capo degli “sbirri” di Montebelluna. Chiedendole se fosse in casa il marito, la donna rispose a Casanova che era uscito per cercare un evaso”. Fuggito che, guarda caso, era proprio lui. L’avventuriero, quella sera, si fece persino “lavare le ginocchia sbucciate dopo la fuga” da quella donna.
“Dopo la fuga dai Piombi, fu costretto a rimanere diciott’anni lontano da Venezia, fino al 1774 – continua a raccontare Marzo Magno, – Quando tornò in città, Casanova aveva finito il denaro. Così iniziò a fare lo spione per gli inquisitori di Stato, scrivendo relazioni refertate in gergo tecnico. Quella mansione veniva pagata a cottimo, così capitò che denunciasse relazioni anche piuttosto banali. Come quella volta che (proprio lui) segnalò un’accademia di pittori che per esercitarsi tenevano delle sedute di nudo”.
C’è però un aspetto di Casanova che lascia sorpresi: “Contrariamente ad altri avventurieri, Casanova ha sempre un ottimo rapporto con le sue conquiste femminili. Quasi tutti lo ricordarono con affetto, moltissime di loro corrisponderanno dopo la fine della relazione. Relazioni che sì, erano sempre molto brevi, ma che erano caratterizzate sempre da un amore sincero, autentico, mai tossico”.
Marzo Magno ci ricorda anche che l’amore del Settecento non era certo quello che intendiamo oggi: “Noi siamo figli del romanticismo, per il quale l’amore è un rapporto unico e totalizzante. Nel Settecento, invece, l’amore era un gioco, era allegria e intrattenimento”.
Ai Casanova moderni, uomini o donne che siano, è quindi bene ricordarlo: per essere veri seduttori o vere seduttrici non è necessario ferire di spada.
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