Non sembri scontato o ripetitivo. La questione pace è tornata in primissimo piano a livello internazionale, per cui cercare e indicare motivi di una riflessione condivisa su questo tema di scottante attualità, proprio in questo mese di gennaio ad esso dedicato ormai da tempo, diventa l’occasione propizia per uno sguardo di bene comune, per un impegno di maturazione individuale e comunitario.
Lo abbiamo sperimentato di persona nei giorni scorsi durante una mattinata trascorsa nelle scuole medie di tre plessi in comune di Martellago (Venezia), dove siamo stati invitati dall’Unci locale a parlare ai ragazzi di solidarietà e di pace nella Costituzione italiana, in vista di un concorso riservato agli stessi alunni delle classi seconde.
Ebbene, si può immaginare come siano stati veramente importanti e significativi l’interesse, l’ascolto e il dialogo dei giovanissimi interlocutori proprio sulle questioni legate alla pace all’interno della Carta fondamentale della Repubblica Italiana, in particolare all’articolo 11, tra i principi fondamentali, laddove è stato scritto che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
I padri costituenti hanno voluto mettere nero su bianco il verbo “ripudiare”, molto forte, di chiarissima evidenza, e non qualcosa di più leggero nell’affermazione o nell’interpretazione. Lo hanno ben compreso gli allievi, che hanno dimostrato di aver capito alla perfezione il senso e la portata di queste parole inserite nel testo costituzionale, in un articolo non a caso consacrato nella parte che esprime i valori più alti e le determinazioni più qualificanti nell’impianto complessivo della Carta entrata in vigore il 1° gennaio 1948.
Sicuramente,una volta esteso lo sguardo sull’attualità di quanto avviene purtroppo oggi su scala planetaria, la fatica più grande durante gli incontri a scuola è stata quella di dover constatare insieme come questa idea forte di rigettare la guerra, di averla come in odio, di disistimarla in maniera totale, di considerarla un male assoluto per la civiltà e la vita dell’intera umanità, non sia ancora entrata nel novero dei convincimenti e dei comportamenti concreti di vari Stati e Nazioni, nel nostro tempo ancora impegnati a far valere le ragioni della forza, del predominio, dell’aggressione e della potenza attraverso il ricorso alle armi e alle logiche devastanti dei conflitti bellici.
Quanta tristezza, quanta preoccupazione, quanta inquietudine ho sentito, letto e percepito nelle parole e nei volti dei giovanissimi studenti, alle prese ormai da molti mesi con le immagini terribili e le cronache sanguinose di guerre devastanti in più parti del mondo. E quello che più fa soffrire, comunque, è questo ripetersi della violenza all’infinito, come se le tragiche vicende dei conflitti mondiali e il terrore dell’atomica non avessero insegnato nulla, non avessero dimostrato l’assurdità dell’odio applicato su vasta scala, non avessero dimostrato le conseguenze rovinose e distruttive dell’abisso del male.
E tutti insieme, alla vigilia della Giornata della Memoria del 27 gennaio, nella quale si ricorda ogni anno la “Shoah”, l’Olocausto, lo sterminio programmato e attuato di milioni di ebrei da parte della dittatura nazista, abbiamo convenuto sul fatto che la pace, la libertà, la democrazia non possono mai essere considerate acquisite una volta per sempre, ma restano il frutto quotidiano dell’impegno civile delle persone nella società e nelle istituzioni, che non può mai venire meno. Ecco un altro passaggio che ha coinvolto i ragazzi insieme ai loro docenti: siamo noi cittadini i promotori, i fautori, gli artefici della pace in tutti i settori e in tutti gli ambienti del vivere sociale, impegnati a vincere insieme una sfida decisiva per le sorti della nostra civiltà.
Non abbiamo scuse, non abbiamo attenuanti: la pace è una valore troppo importante per i destini dell’umanità, e va coltivato con ogni cura, con la massima attenzione, con sincera ed effettiva partecipazione e dedizione, avendo chiarissimo in mente il suo essere fattore primario e fondamentale nella costruzione del bene comune. Tutto è possibile con la pace, tutto è perduto invece con la guerra: lo ripetiamo ancora una volta perché l’escalation attuale, su scala mondiale, di tanti fuochi locali fa diventare il rischio ancora più cupo e opprimente.
Tristissimo, peraltro, il richiamato avvenuto in aula sulle vite spezzate di migliaia di militari giovanissimi ancor oggi chiamati al fronte dove si combatte per la volontà dei folli disegni di capi politici e militari, generazioni annientate e sparite dall’esistenza quotidiana così com’era avvenuto nel nostro Paese in entrambi i conflitti mondiali, in particolare nella Grande Guerra sul nostro territorio.
Ecco, noi che proveniamo da questa storia, sappiamo i lutti, le rovine, le distruzioni, gli effetti catastrofici dei combattimenti bellici. La pace, anche oggi, dipende da ciascuno di noi, dalla nostra buona volontà, dalla nostra conoscenza di quanto avvenuto nel tempo passato, dalla consapevolezza che occorre camminare insieme per realizzare opere e giorni di un tempo migliore, vincendo anche le piccole abitudini negative e le cattive prassi personali di non essere sufficientemente votati, orientati, ispirati da accoglienza e verità nelle relazioni interpersonali.
Pertanto, c’è molto da riflettere, c’è molto da operare, c’è molto da cambiare, perché possa finalmente realizzarsi tutta la pace possibile per il bene della nostra umanità.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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