Prove ampie nel redditometro

Addio redditometro, benvenuto “Accertamento 2.0”

La Cassazione, con l’ordinanza n. 31568/2023, ribadisce che, nell’accertamento sintetico, la prova contraria deve essere fornita con riferimento alla complessiva posizione reddituale del nucleo familiare.

Accertamento sintetico con prova estesa alla posizione reddituale dell’intero nucleo familiare. È questo, in estrema sintesi, il principio che si desume leggendo l’ordinanza della Corte di Cassazione 13.11.2023, n. 31568. Il caso esaminato trae origine da una controversia correlata a un accertamento sintetico effettuato nei confronti di un contribuente relativamente all’anno d’imposta 2006, in costanza, dell’allora vigente art. 38 D.P.R. 600/1973, prima delle modifiche apportate dal D.L. 78/2010 e, successivamente, dal D.L. 87/2018.

La Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente, risultato soccombente nei precedenti due gradi di giudizio, affermando che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, con riferimento al cosiddetto redditometro, la prova contraria cui fa riferimento l’art. 38, richiedendo la produzione di idonea documentazione circa la sussistenza e il possesso da parte del contribuente di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero nucleo familiare, comprensivo del coniuge convivente e dei figli.

L’art. 38 D.P.R. 600/1973, nel testo vigente ratione temporis, ammette, da un lato, la possibilità per l’Ufficio di presumere il reddito complessivo sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto connessi alla disponibilità di determinati beni e servizi e alle spese per il loro utilizzo o mantenimento, nonché sulla base degli incrementi patrimoniali, presumendo tuttavia che la spesa sia stata sostenuta con redditi conseguiti nell’anno oggetto di accertamento e nei 4 precedenti. Dall’altro lato, concede la possibilità al contribuente di fornire la prova contraria, dimostrando con idonea documentazione che il reddito accertato in via presuntiva è stato conseguito con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, fornendo la prova dell’entità di tali redditi e la durata del loro possesso.

Nell’attuale testo normativo, si ricorda che il riferimento all’imputabilità della spesa all’anno oggetto di accertamento e ai 4 precedenti è scomparso ed è stato sostituito dalla presunzione di imputabilità del reddito alle spese sostenute nell’anno d’imposta, salva la facoltà del contribuente di provare che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta o comunque con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte.

In relazione al caso esaminato, la Suprema Corte ha censurato l’operato dell’Amministrazione Finanziaria e, conseguentemente, dei giudici di merito che non hanno tenuto in debita considerazione le prove fornite dal ricorrente tendenti a dimostrare che le risorse per l’acquisto di un terreno erano provate dai risparmi accumulati dal contribuente e dalla moglie negli anni precedenti all’acquisto da cui è poi scaturito l’accertamento.

La Cassazione ha colto l’occasione per precisare che la prova a carico del contribuente non è tipizzata, sicché essa può essere fornita con qualsiasi mezzo idoneo a dimostrare la provenienza non reddituale dell’elemento accertato dal Fisco.

In relazione alla presenza di mutui ultrannuali, ha altresì precisato che, in tal caso, la capacità contributiva va diluita, detraendo dalla spesa accertata il capitale mutuato e sommando, per ogni anno, le rate di mutuo pagate.

Foto: Qdpnews.it
Autore: Stefano Natali
– Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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