Addio ad Angelo Devich, padre del soccorso in elicottero tra Dolomiti e Prealpi trevigiane

A sinistra, Angelo Devich

Nel mondo della sanità ci sono e ci sono state persone che, pur lavorando dietro le quinte, in silenzio ma con decisione, sono riuscite nel tempo ad apportare quelle migliorie e tecniche di soccorso che noi oggi diamo per scontate. A detta di tutto il settore, dal CNSAS a quello che è oggi il Suem, sia in provincia di Belluno che in quella di Treviso, Angelo Devich era una di queste.

Settantacinquenne, trentino d’origine ma residente a lungo a Vittorio Veneto (in località Croda Rossa) e nel Bellunese, si è spento alla Vigilia di Natale, il 24 dicembre, improvvisamente, per un problema legato al cuore.

Devich è stato tra i primi promotori dell’elisoccorso come tecnica di recupero dei feriti in montagna, anche quando l’opinione in merito a questo servizio non era unanimemente positiva. A quei tempi, come ricorda chi – come Aurelio e Luciano Tommasi – ha lavorato con lui, non esisteva il verricello: l’elisoccorso si praticava attraverso il gancio baricentrico, con il quale il soccorritore veniva agganciato sotto il velivolo e trasportato già appeso, fino al luogo del soccorso. L’operatore, legato da 25 a 90 metri all’elicottero, attendeva davanti al muso dell’elicottero di venire sollevato verticalmente e trasportato fino al “target”.

Negli anni Novanta fu lui, assieme a pochi altri, a coordinare tutte le esercitazioni e la formazione del personale, coordinandosi con quello che oggi è il 118. Istituì dei corsi e riuscì a garantire la presenza di un medico e di un tecnico per l’elisoccorso il sabato e la domenica. Poi, anche grazie ai suoi sopralluoghi negli eliporti in Austria, il servizio si è esteso a ciò che è oggi, grazie all’ottenimento di un finanziamento che lui per primo aveva ritenuto possibile.

“Ho un ricordo estremamente positivo di Angelo – afferma il presidente del CNSAS dalla sala operativa di Belluno Rodolfo Selenati -. È stato uno dei primi direttori della scuola di Soccorso alpino. La formazione è estremamente importante per noi, come dico sempre, è per questo lui ha lasciato una bella traccia nella nostra realtà”.

A Belluno, Devich si era anche interessato delle tecniche di ricerca persone e aveva contribuito allestendo un centro mobile equipaggiato. “Era uno che parlava poco, ma aveva i suoi agganci ed era molto determinato. Aveva un grande occhio per queste cose” lo ricordano gli ex colleghi, che si stringono alla compagna Susy nel ricordarlo e ringraziarlo per il suo lungo impegno.

Legato alla montagna, le sue ceneri verranno lasciate ai piedi della Marmolada.

(Foto: Cnsas Veneto e Qdpnews.it).
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