Quante volte abbiamo sentito dire: la musica trap è volgare, è senza senso, non ha contenuti nella quotidianità?
Tendenzialmente, questo tipo di asserzione arriva da ascoltatori appassionati della forma primordiale dell’hip hop, genere che ad oggi risulta estremamente ramificato e privo di contorni, oppure da un pubblico disinteressato al mondo urban ma che non può fare a meno di notare un certo distacco fra i testi della trap (o del rap moderno, in generale) e quelli dei grandi cantautori italiani degli anni ’60 e ’70.
Tuttavia, la mancanza di contenuti nella trap risulta essere un concetto opinabile ed è necessario fare chiarezza.
A seguire la scia di tantissimi rapper e trapper emergenti ecco Mister L, un giovane solighese che, attraverso la musica, lo porta a ritrovare la realtà sotto testi e rimane accompagnate da beat “underground”.
L’espressione con cui l’anima “oscura” del rap è conosciuta, è un’etichetta creata dai media. Ed è pertanto molto spesso odiata dagli artisti. I temi narrati nei testi e immortalati nei video, come quello di “Ganga”, primo pezzo del trapper emergente, rappresentano realtà in cui alcuni ragazzi erano immersi fin da bambini e alle volte stritolati a loro malgrado.
Una valvola di sfogo dunque per raccontare, anche nel suo piccolo, l’Alta Marca trevigiana e, nello specifico, il Quartier del Piave dal punto di vista del trapper.
“Con la mia musica cerco di portare l’ascoltatore nel mio mondo, quello che vivo – spiega Mister L – assieme a tutte le difficoltà che si passa ogni giorno. Mi prendo la responsabilità di ciò che dico attraverso i video e le mie canzoni ma questo è quello che voglio esprimere e trasmettere alla gente“.
Realtà nuda e cruda, senza però tralasciare la volgarità e l’inneggiare a droghe e sesso, altri tasti dolenti di questo genere e che, potrebbero creare scalpore a qualcuno.
“Può darsi – sottolinea l’artista solighese – però i miei pezzi devono essere così, come ho detto l’intento non solo mio ma anche di altri trapper è quello di rafforzare il concetto che l’artista vuole trasmetterti, questo è il genere e rappresenta la semplicità di strada raccontata tramite beat e strofe“.
Ma sarebbe riduttivo parlare solo di strada, è un movimento che si espande sul quartiere o sulla compagnia con cui condividere lo spinello e altre attività “ricreative” senza però perdere il filo logico. La droga è consumata per lo più sul divano in un’accezione più individualista dello “sballo” che avviene tra quattro mura.
Il termine stesso trap deriva da “trap house” che in America identifica le case abbandonate che diventano luoghi di consumo, cosa che è, secondo molti artisti del genere, molto radicata anche nel nostro territorio, anche se non si vede.
D’altronde la trap, come dicono gli stessi “trapper”: “E’ un genere che arriva e sorge nel cemento della periferia, arrivando sotto i marciapiedi delle case dei perbenisti“.
(Fonte: Luca Collatuzzo © Qdpnews.it).
(Video: Qdpnews.it © Riproduzione riservata).
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